Assegnata ai due rom-ladri l'eredità di Ermes Mattielli. Cioè l'uomo che era stato derubato (da quegli stessi due rom-ladri) per ben 20 volte. Diventa ancora più tragicamente paradossale la storia del 63enne robivecchi vicentino, morto due sere fa di infarto. Un malore provocato anche dallo stress per una vicenda giudiziaria assurda. Lui condannato a 5 anni per essersi difeso da una coppia di nomadi entrata in casa la sera del 13 giugno 2006 nella sua abitazione nel paese di Arsiero (Vicenza). Mattielli spara, li ferisce. Viene incriminato per tentato omicidio, mentre i due zingari se la cavano con una condanna a 4 mesi. Entrambi restano liberi. Liberi di continuare a rubare. Ma ora, forse - e questa sarebbe l'ennesima beffa - liberi addirittura di andare ad abitare nella catapecchia di Ermes: la stessa baracca che loro - i rom manolesta - andavano periodicamente a «ripulire» dei miseri averi di Mattielli. Ermes, oltre ai 5 anni di galera, si è beccato infatti pure una condanna pecuniaria non indifferente: 135 mila euro di risarcimento. Risarcimento a beneficio di chi? Ma dei nomadi che lo andavano sempre a derubare, ovviamente.
Ora Ermes è - speriamo per lui - passato a miglior vita. Il suo «patrimonio» consiste unicamente in una casupola e un magazzino sgarrupato del valore di poche migliaia di euro. I familiari di Ermes hanno deciso di rinunciare a cotanti «beni». E così, come prevede la legge, gli immobili passeranno allo Stato che poi provvederà a «girarli» ai nomadi «danneggiati» da Mattielli, i quali potranno usarli come meglio credono: venderli o andarci ad abitare. E giudicate voi se questo non è scandaloso. «Non ci sono genitori, moglie, figli né fratelli o sorelle - spiega l'avvocato di fiducia di Mattielli, Maurizio Zuccollo - credo abbia solo qualche cugino. Ma questi potranno rifiutarsi di ricevere l'eredità, viste le modeste proprietà del rigattiere e quel risarcimento da 135mila euro. Così, in assenza di eredi, lo Stato diventerà proprietario dei beni di Ermes, adoperandosi per il pagamento del dovuto ai rom».
«L'art. 596 del codice civile - spiega al Giornale l'avvocato Marco Tomassoni - enuncia che, in mancanza di altri successibili, l'eredità è devoluta allo Stato italiano: l'acquisto avviene di diritto senza bisogno di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia». Il secondo comma dell'art. 586 prevede inoltre che lo Stato risponda dei debiti del defunto intra vires (ovvero nei limiti di ciò che ha ricevuto dal defunto stesso) e che «provveda alla liquidazione dell'eredità nell'interesse di tutti i creditori e legatari» che abbiano presentato dichiarazione di credito. Ovvero i due rom, che potranno quindi andare dal notaio per togliere da morto quello che non erano riusciti a rubare a Mattielli in vita. E spostando sullo Stato l'onere del risarcimento.
Alla luce di tutto questo bene ha fatto due sere fa Nicola Porro ad aprire la sua trasmissione ( Virus , Rai2) con la gigantografia di Ermes Mattielli. Un uomo che in vita ha vissuto da «invisibile», ma la cui «presenza», ora, da morto, pesa sulla coscienza di tutti. L'ultima intervista Ermes l'aveva rilasciata ad Alessandro Mognon del Giornale di Vicenza , diretto da Ario Gervasutti. Parole che, lette oggi, alla luce di questi ultimi sviluppi, appaiono ancora più amare: «Ho una gamba di legno, ma neppure l'invalidità minima. Vivo con l'orto, le galline. Mi hanno messo alla carità. Andavo in giro con l'Ape a raccogliere rottami, sbarcavo il lunario. Adesso devo pagare 135 mila euro. Ma chi li ha mai visti 135 mila euro? Io soldi non ne ho, l'ho detto anche all'avvocato che non posso pagarlo. Vivo con poco più di 100 euro, me li faccio bastare. Oggi ho mangiato quattro patate e du ovi ».
Racconta Mattielli che per mesi aveva trovato davanti al cancello del magazzino lavatrici e frigoriferi abbandonati: «Pensavo: “guarda 'sti cretini, mi tocca portare tutto all'ecocentro”. Solo dopo ho capito che li mettevano i ladri per salirci sopra e saltare la rete...». Fa vedere dove è successo tutto: «Ecco, li ho trovati qui». Perché non ha sparato un colpo in aria per farli scappare? «Ho visto una luce, ho sparato contro quella. Poi sono sbucati dal buio, erano a due metri da me, ho preso paura. In dieci anni sono venuti 20 volte a rubare. Vengono qui a rubare, da me che ho una gamba di legno. Cosa dovevo fare? Datemi uno stipendio e io lascio spalancate porte e finestre. Dovevano stare a casa loro, quei due. E non sarebbe successo nulla. Ma erano padroni loro, i ladri.
A me giudici e avvocati hanno chiesto di patteggiare, ho detto: “neanche morto”. Lo Stato ha pagato il legale ai nomadi che mi hanno derubato, ai ladri».Ladri che ora, forse, vivranno anche nella sua casa. Dopo averla derubata. Per anni. Benvenuti in Italia.
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