Repetita iuvant. Non sono bastati i tweet e le interviste ai rotocalchi. Enrico Letta è tornato alla carica. E ha approfittato dell'ospitata nella trasmissione Chetempochefa condotta da Fabio Fazio per ribadire la sua idea di giustizia sociale. I giovani, dice, hanno bisogno di essere aiutati. E alla piccola percentuale dei super ricchi non cambia il mondo cedere una irrisoria, per loro, quota di ricchezza da destinare in dote alle nuove generazioni.
Convinzione, questa, che ha aperto un dibattito interno alla sinistra. Mentre dell'altra parte dell'emiciclo «politico» il campo è sgombro dai dubbi. «Letta - ironizza Matteo Salvini - dovrebbe cambiare nome al partito e chiamarlo PdT. Ovvero partito delle tasse. Obiettivo della sinistra è di far star peggio chi sta meglio. Da Bertinotti a Letta, il filo conduttore della sinistra non cambia». Letta sorride pensando a Salvini: «sono in questo governo per fare le riforme. Spero sia la stessa idea del segretario della Lega».
Non va meglio con Carlo Calenda. Doveva essere un alleato «utile», ma si sta trasformando in un avversario scomodo. Il leader di Azione boccia l'idea di Letta. «La sua è una proposta coraggiosa ma molto sbagliata e inattuabile. E il segretario del Pd di proposte inattuabili finora ne ha fatte molte, sapendo che con il governo fatto così, non si faranno».
Letta però non cede e ripete anche dalla ribalta di Rai3 il suo nuovo credo. «Sono tornato in Italia e in politica per aiutare i ragazzi», spiega il segretario Pd. E continua a dire che il «benaltrismo» è il vero male dell'Italia. Perché - spiega - «non c'è crescita economica senza tutela dei diritti». Con esplicito riferimento sia allo ius soli che al ddl Zan.
Fazio però insiste. Va bene essere venuto in trasmissione per presentare il suo nuovo libro Anima e cacciavite (Solferino), però bisogna mettere un punto sulla spinosa questione della tassa sulla successione. Letta ovviamente non si sottrae ben contento di spiegare con agio la sua visione.
«Non è una tassa che andrà a colpire il ceto medio - assicura il segretario dem - questo intervento deve però rientrare in una riforma complessiva del sistema fiscale ed è di questo che ho parlato con Draghi». E poi, aggiunge, non sono «soldi a debito». Insomma non vuole una tassa populista (e il riferimento al reddito di cittadinanza è più che palese agli occhi degli osservatori di cose politiche). «Anche perché il debito poi saranno proprio questi giovani che dovranno ripagarlo». No. «Deve essere una dote vincolata - aggiunge - per consentire loro di studiare, di emanciparsi o di aprire un'attività». E cita anche Luigi Einaudi per ricordare che anche il mondo liberale non vede di buon occhio una successione non tassata perché «il grande nemico del progresso economico è proprio chi vive di rendita senza merito personale».
Insomma il ceto medio deve stare tranquillo. Si preoccupasse, piuttosto, dell'abbandono scolastico e del futuro dei ragazzi.
Ecco perché Letta ha già annunciato un paio di nuove battaglie: il voto ai sedicenni e l'estensione dell'obbligo scolastico fino alla maggiore età. Anzi ne aggiunge una terza: il voto ai diciottenni per il Senato. E aggiunge: «Non so quale legge elettorale uscirà fuori. Di sicuro mi batterò per togliere le liste bloccate».
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