La "lezione" di De Luca: pronto soccorso chiusi e malati in doppia fila

Rimproverava la gestione sanitaria lombarda. Ma al Cardarelli i pazienti finiscono in corridoio

La "lezione" di De Luca: pronto soccorso chiusi e malati in doppia fila

Vincenzo De Luca si vanta di sapere mettere in riga i campani, ma per ora li mette soprattutto in fila. Come all'ingresso della metropolitana di piazza Garibaldi a Napoli dove il contingentamento «estremo» dettato dalla Regione (un solo tornello di ingresso in funzione) ieri mattina aveva creato una fila lunga centinaia di persone. Ma si vede che per il governatore la coda non è assembramento.

Il top si raggiunge però al pronto soccorso dell'ospedale Cardarelli dove i malati sono addirittura parcheggiati in doppia fila: la struttura di emergenza del più grande ospedale del sud Italia ha 34 posti letto ma ieri alle 10 di mattina c'erano già oltre 80 pazienti ricoverati. Ovviamente, chi non trova posto viene «parcheggiato» su una barella, nei corridoi. Affiancati in pochi metri, qualcuno dietro un esile separé di stoffa, gli altri senza privacy, spesso in attesa per ore e ore. C'è chi è solo in osservazione breve, ma anche chi è in attesa di un ricovero vero e proprio, il «boarding» come si dice tecnicamente con un termine che illude di partire ma invece è sinonimo di lunga immobilità.

Davanti all'ingresso del pronto soccorso, medici, paramedici e guardie giurate amministrano pazienti una piccola folla chiedendo calma (le aggressioni sono fequenti) e dispensando speranza. C'è chi s'inventa scampoli d'ombra sotto a un cornicione o a un rado cespuglio, gli anziani accucciati su un marciapiede in infinita attesa. Sono i parenti dei pazienti cui, causa Covid, è negato di far compagnia ai propri cari al di là della porta che separa i sani e i malati. «Sono qui da ore -dice una signora agitata- ma mio marito ha l'alzheimer, hanno l'obbligo di farmi andare da lui». «Ho atteso tre ore -sbuffa una signora- per poter consegnare delle mutande di ricambio a mio padre. Almeno il medico poi è uscito, mi ha baciato la mano e si è scusato».

«È così ogni giorno - spiega il dottor Rodolfo Nasti, membro della segreteria regionale dell'Anaao, il sindacato dei medici- si arriva fino a due-tre volte la capienza, abbiamo avuto anche cento pazienti ricoverati, specie in questi giorni che non funziona il pronto soccorso del Cto. Ma la barella è il male minore, l'alternativa è negare l'assistenza».

«Non bisogna cadere nei luoghi comuni sulla sanità campana - spiega l'ex parlamentare Marcello Taglialatela, presidente dell'associazione Campo Sud - Il Cardarelli è un'eccellenza, anch'io di recente mi sono fatto curare qui. Il problema sono le scelte politiche: la Regione ha chiuso tutti i pronto soccorso del centro storico e il Cardarelli, proprio perché ha tutte le specialità e ottimi medici, attira l'utenza. È un problema di scelte politiche sbagliate, di errori nella programmazione regionale».

Il nuovo Ospedale del mare, situato in estrema periferia, ha un pronto soccorso non ancora del tutto operativo: «Si dimentica -dice Nasti- che per fare le mura di un ospedale ci vogliono anni ma anche per formare il personale. E non sono molti i medici disposti a sottoporsi ai turni massacranti e allo stress di un pronto soccorso come il Cardarelli». Fare un giro tra gli ospedali del centro storico di Napoli ha il sapore di un tour archeologico. Vuoti e in parte transennati per il rischio di crolli gli splendidi chiostri degli «Incurabili», il complesso monumentale che è ospedale dal 1522, un pezzo di storia che la Regione ha sbianchettato ad aprile scorso decretando la chiusura. Ridotto a sola attività ambulatoriale il «Cardinale Ascalesi» e storie analoghe anche per il San Gennaro e, mistero, anche per il Loreto Mare, che fino a marzo scorso era tra gli ospedali più frequentati dalla città, tra i primi presidi anti coronavirus, improvvisamente chiuso e svuotato mentre si bandiva la gara per i Covid center ora finita sotto l'occhio della Procura.

E pensare che alla Lombardia si rimprovera proprio la mancanza di medicina territoriale mentre De Luca, secondo cui «ora Napoli ora può dare lezioni agli altri», ha usato la mannaia sugli ospedali storici per concentrare l'attività nei mega complessi.

«Finalmente -dice Giuseppe Tortora, dirigente del Sumai, il sindacato dei medici di famiglia- abbiamo convinto la Regione a farci lavorare in pool per offrire un servizio continuativo». Le Usca, unità territoriali create per fare tamponi a domicilio, invece sono state ridotte. Dietro ai proclami il nulla.

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