Beirut. Alla sera Beirut ancora sprofonda nel buio. Ma i suoi abitanti irriducibili non si lasciano scoraggiare. I ristoranti di Achrafieh, il quartiere cristiano, come ad esempio il Falamanki, sono pieni per la cena. Si gioca al taulè, tipico passatempo per i libanesi, si beve, si chiacchiera, si fuma la sciscia. Il Paese oggi è in fibrillazione perché si terranno le prime elezioni dopo la Thawra, la rivoluzione di ottobre 2018. Le prime dopo il 4 agosto 2020, giorno della tragica esplosione al porto di Beirut. Al voto si fronteggiano più di 100 liste rivali di candidati che rappresentano i partiti politici tradizionali legati ognuno a una setta, e i nuovi gruppi della società civile libanese, le cosiddette «forze del cambiamento».
Queste elezioni generali sono ritenute cruciali per decidere il destino del Paese per i prossimi quattro anni. La maggior parte dei libanesi e della comunità internazionale sperano che portino a una svolta. Mohammad, 48 anni, proprietario di un'azienda per impianti idraulici racconta: «Un passo alla volta potremo cambiare le cose, bisogna modificare la mentalità delle persone, questa è la sfida più grande, ora abbiamo un'occasione importante». Questo voto potrebbe aiutare il Libano a risollevarsi dalla peggiore crisi finanziaria degli ultimi decenni. Come? Ridimensionando l'élite politica al potere accusata del crollo economico. Una classe dirigente corrotta e clientelare. Sono 3,7 milioni gli elettori registrati che oggi si recheranno alle urne per votare i 128 membri del Parlamento che rappresenteranno il Paese per i prossimi quattro anni. E questo voto potrebbe essere decisivo per determinarne il futuro.
Il Libano ha un sistema politico estremamente complesso e ha anche una legge elettorale difficile da decifrare per i libanesi stessi. Questa è composta da quote a base confessionale e un sistema di liste proporzionale. I partiti che non raggiungono una soglia minima di voti non ottengono nessun seggio. Poi elemento fondamentale sono i libanesi della diaspora, cioè che vivono all'estero di solito per motivi di lavoro. Circa 244mila sono quelli che si sono registrati per il voto, il triplo rispetto al 2018. Alcuni analisti ritengono che siano meno vicini ai partiti a base confessionale. E la forza del cambiamento potrebbe arrivare proprio da loro. Ma i problemi per ora ci sono.
Il Libano è ormai da diversi mesi al buio a causa della carenza di carburante. E lo scrutinio potrebbe svolgersi addirittura senza luce. L'azienda per l'energia elettrica ha chiesto 16 milioni di dollari per illuminare i seggi elettorali. Ma in molti temono che il conteggio non avvenga in maniera trasparente. I libanesi pensano che questo voto sia soprattutto un test per Hezbollah, il partito sciita filo-iraniano. Il suo leader Hassan Nasrallah ha fatto il suo ultimo appello: «Votateci in massa per proteggere l'esercito di Hezbollah». Mentre per Gibran Bassil, genero del presidente Michel Aoun, «votare le Forze libanesi, è come votare Israele».
Intanto i candidati appaiono sereni e ottimisti sui manifesti che tappezzano Beirut. Ma come spiega Rima, 38 anni, insegnante di arabo, «qui tutto continuerà a essere come sempre, io non ho neanche più la luce della speranza».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.