"L'impennata di partenze dalla Tunisia? Colpa del decreto sulla regolarizzazione"

Il deputato tunisino: "Da tre anni Roma non versa gli aiuti pattuiti"

"L'impennata di partenze dalla Tunisia? Colpa del decreto sulla regolarizzazione"

Lampedusa Il Viminale gli ha negato l'autorizzazione a entrare all'hotspot di Lampedusa per verificare le condizioni degli ospiti, ma Sami Ben Abdelaali, deputato tunisino indipendente, in visita ieri a Lampedusa, è riuscito a incontrare alcuni dei clandestini usciti dal centro di Contrada Imbriacola, che gli hanno raccontato di non avere bagni a disposizione, di dormire in mezzo agli escrementi, di avere razioni di cibo scarse.

Onorevole, perché così tanti tunisini vengono a Lampedusa?

«Il motivo principale è il decreto di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari. Non ci è stata fatta una comunicazione adeguata in Tunisia per far capire che questo atto riguarda solo chi si trovava in Italia prima dell'8 marzo. Le organizzazioni criminali fanno arrivare la notizia che c'è questa regolarizzazione, quindi la gente parte. Pagano fino a 10mila euro per la regolarizzazione di falsi contratti di lavoro. Quindi c'è un business intorno a questo decreto che è stato fatto in estate, nei mesi in cui è più facile arrivare».

Cosa sta facendo il governo tunisino per bloccare le partenze?

«C'è stato un grande intervento del presidente della Repubblica. Martedì scorso hanno cercato di fermare questa emorragia di clandestini in partenza dai porti di Sfax e Madia (ieri i direttori dei due approdi sono stati rimossi ndr). Però noi non siamo in condizione di controllare tutta la costa perché sono centinaia di chilometri e non abbiamo né i mezzi, né gli strumenti per poterlo fare. L'Italia nel 2011, sotto al governo Berlusconi, si è impegnata per darci degli aiuti. Questi accordi non sono stati mantenuti. Dal 2017 l'Italia non versa le quote di oltre 3 milioni che doveva darci».

Servirebbero nuovi accordi?

«Il ministro Lamorgese è venuta di recente e il nostro presidente ha recepito le richieste e ha cercato di sensibilizzare i vertici delle autorità marittime per chiedere uno sforzo maggiore, usando anche l'esercito per fermare i clandestini».

Qual è la soluzione?

«Come dice il presidente, bisogna trovare soluzioni legali e dare la possibilità all'interno di un accordo per agevolare questi soggetti ad andare altrove perché se non c'è la possibilità di lavoro in Tunisia, bisogna trovare un'opportunità per queste persone per trovarlo da altre parti».

Questi canali legali chi li deve aprire?

«L'Italia insieme all'Europa perché l'Europa ha un ruolo determinante in questo. Bisogna anche aiutare, intervenire in loco, direttamente in Tunisia con dei progetti di partenariato, al posto di spendere milioni in accoglienza. Spendiamo questi soldi per lasciare i tunisini nel loro Paese. E questo si può fare solo attraverso un tavolo tecnico di dialogo tra l'Italia e la Tunisia, perché c'è grande disponibilità da parte del mio Paese a trovare una soluzione con l'Italia, che è un alleato strategico e un partner privilegiato».

Lei ha detto che mancano i mezzi per controllare le coste tunisine. Di che cosa avreste bisogno?

«Di motovedette, tecnologia, radar, tutta una serie di cose per controllare centinaia di chilometri di coste».

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