Una lunga attesa con gli occhi di mezzo mondo insolitamente addosso, mesi trascorsi con i sondaggi che davano vincente il partito che vuole portare il Paese fuori dall'Europa, e ieri un tasso di affluenza al voto straordinariamente alto e variamente interpretato. Erano anni che le elezioni della piccola Olanda non suscitavano tanta attenzione, e anche tanta apprensione. Il perché è ben noto: se l'annunciato successo di Geert Wilders si fosse concretizzato, avremmo assistito al terzo capitolo di una storia cominciata con la vittoria della Brexit al referendum britannico dello scorso giugno e proseguita con l'approdo alla Casa Bianca di Donald Trump. Un capitolo che a quel punto avrebbe potuto essere seguito - almeno nelle speranze dei simpatizzanti - da altri in Francia, in Germania e un domani più lontano, chissà, perfino in Italia.
Così ieri sera alle nove, quando i seggi davanti ai quali si erano formate lunghe e insolite code sono stati chiusi, i dati degli exit poll quasi immediatamente diffusi sono stati ascoltati con particolare interesse in Olanda e non solo. Perché sarà anche stato vero che il destino di Wilders era comunque quello di accomodarsi all'opposizione, ma un conto è farlo da conquistatore della maggioranza relativa, un altro da sconfitto dopo mesi di sondaggi favorevoli.
E quando i primi numeri - seppure riferiti appunto a dichiarazioni di voto e non a suffragi scrutinati - hanno cominciato ad apparire sugli schermi, molte illusioni si sono sciolte come neve al sole. Il partito euroscettico e anti-islamico di Wilders veniva accreditato di 19 seggi su 150: un piccolo progresso rispetto ai 15 che aveva nel Parlamento appena sciolto, ma davvero troppo poco per poter cantare vittoria e tantomeno per poter sperare di influire sulle future scelte politiche del governo dell'Aia. Quanto al Vvd, il partito del premier liberale Mark Rutte, avrebbe messo assieme 31 seggi: dieci in meno rispetto al Parlamento precedente, ma comunque più di quanto i sondaggi gli attribuissero e quanto basta per conservare la maggioranza relativa. Un risultato decisivo, perché indispensabile a tenere nelle mani il gioco delle alleanze.
Alleanze che dovranno tener conto - come ampiamente previsto stante la legge elettorale iper-proporzionale - di un Parlamento molto frazionato.
Gli exit poll vedono affiancati al Partito della Libertà di Wilders, a quota 19 seggi, altri due partiti: il cristiano democratico già partner di governo di Rutte e i laici di «Democrazia 66»; immediatamente indietro, con 16 seggi, la sorpresa di questa tornata elettorale olandese, i verdi di sinistra del giovane Jesse Klaver, il «Trudeau olandese» figlio di un immigrato marocchino e di un'olandese di origini indonesiane. Klaver sembra aver conquistato parte dei seggi perduti dai laburisti, i veri sconfitti di ieri che sono precipitati da 38 a 9 seggi confermando che in Olanda il tempo della sinistra ideologica è finito.
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