Milano «Non continuate a farci del male». Più diffida che preghiera, il messaggio indirizzato a Roma è partito ieri, vigilia dell'ennesimo verdetto.
La Lombardia è convinta di meritare la zona gialla almeno quanto le altre regioni. E se dovesse restare inchiodata all'arancione per una settimana ancora si aprirebbe un nuovo caso, soprattutto se questo ulteriore giro di restrizioni fosse determinato da rigidità burocratiche (si parla di una lettura restrittiva della norma che impone di restare almeno 14 giorni in un colore prima della «promozione», e la diatriba si potrebbe aprire sulla valutazione di merito di quella contestata «settimana rossa» poi diventata arancio sulla base di dati rivisti o «rivalorizzati» dalla Regione).
Sul piano istituzionale, il sentimento che aleggia per ora è di impaziente preoccupazione. Dopo lo scontro forsennato col ministero che ha tenuto banco per una settimana intera, la Regione ieri ha osservato un giorno di tregua, ma il tessuto economico più produttivo d'Italia scalpita, sente di non poter sopportare altri danni derivanti da eventuali restrizioni ingiuste.
«Una beffa» la definisce Confcommercio Lombardia, paventando un'altra porta sbattuta in faccia a 45mila pubblici esercizi. E tuttavia a pressare per la svolta non sono solo le categorie vittime delle chiusure. «Auspichiamo la zona gialla - dice per esempio Antonio Boselli il presidente di Confagricoltura Lombardia - perché darebbe respiro a tutto l'agroalimentare, anche a noi che siamo il primo anello».
Ovviamente, bar e ristoranti sono i più impazienti di «tornare al lavoro in sicurezza». «È l'unico modo per risollevare le sorti delle imprese e delle loro famiglie» spiega Andrea Painini, presidente di Confesercenti Milano e vicepresidente di Confesercenti Lombardia. «Ci auguriamo - aggiunge - che il fantomatico indice Rt venga elaborato nella maniera corretta, anche se ormai, a dire il vero, pochi imprenditori hanno fiducia nel sistema di calcolo e ancora minore è quella nei ristori dello Stato». «Nessuno vuole mettere in secondo piano le esigenze sanitarie chiarisce Confcommercio - però, alla luce di numeri aggiornati, non tornare in zona gialla solo per una questione di rigidità della burocrazia apparirebbe uno schiaffo per quelle tante attività già allo stremo».
Su questo agognato «lento ritorno alla normalità» pende infatti - come detto - la spada di Damocle di conteggi e algoritmi ministeriali. La cabina di regia che si è riunita venerdì scorso ha sancito, nero su bianco, che undici regioni si collocavano a rischio moderato, e fra queste appunto la Lombardia, mentre solo sei (da verbale) sono state classificate a rischio basso.
Quanto all'ormai famoso «Rt» - che fotografa l'indice di contagiosità del virus - il 22 gennaio la Lombardia si attestava a 0,82, nettamente sotto l'1 che segna la stabilità dell'epidemia, e nettamente sotto la gran parte delle altre regioni (solo Veneto e Campania risultavano «messe meglio»).
Ma anche valutando il monitoraggio di tutto il periodo precedente (in particolare della settimana 35) nell'ordinanza ministeriale del 23 gennaio (quella che ha revocato il rosso) si legge che il nuovo invio di dati» con «revisione anche retrospettiva» da metà dicembre» avrebbe migliorato il quadro: non avrebbe determinato tanto «un cambiamento nella classificazione del rischio», ma avrebbe «impattato» - questo sì - sul «calcolo del valore Rt basato sulla data inizio sintomi al giorno 30 dicembre». Ricalcolato, risultava pari a 0.88.Un quadro più chiaro, e decisivo, si avrà oggi con il monitoraggio 37, riferito ai dati aggiornati, quelli della settimana che va dal 18 al 24 gennaio.
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