L o spettro del terrorismo aleggia sinistro sul voto in Francia per ricordare ai cittadini di quel Paese, e a tutti noi, che il virus del Terrore non è mai stato debellato. È ancora lì, come in sonno, nascosto nelle banlieu dove la colonna sonora del parlato quotidiano, sul metrò e al mercato, è intessuta di tutti i dialetti parlati fra Damasco e Casablanca. I notiziari della sera riportano alla memoria le immagini terrificanti della strage alla sede di Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015 e la catena di attentati che seminarono morte e distruzione la notte del 13 novembre di quello stesso anno. La minaccia, dicono i servizi di sicurezza, è «altissima». Ed esibiscono due facce, due presunti attentatori bloccati nel terzo arrondissement di Marsiglia. Sono francesi. Si chiamano Clément Baur, 23 anni, originario di Croix, nel Nord, e Mahiedine Merabet, 29 anni, magrebino d'origine, come dice il suo nome. Mahiedine è di Ermont, nella regione dell'Ile-de-France.
Due mezze figure. Ladruncoli, ricettatori, un po' di spaccio. Reati minori per i quali in passato erano finiti a braccetto nel carcere di Sequedin, nel nord. Ed è lì, dicono gli investigatori, nell'incubatrice carceraria che i due sarebbero stati risucchiati da una cellula di islamisti radicali e arruolati. La polizia li cercava per «associazione terroristica». Clément e Mahiedine sono pronti a entrare in azione, dicevano le voci captate nel sottobosco che ruota intorno a certe moschee frequentate da predicatori incendiari itineranti che arrivano dalle madrasse (le scuole islamiche) pakistane. Si sono fabbricati delle «false identità», presto passeranno all'azione, si mormorava in quelle moschee.
Due arresti propedeutici, per così dire. Presi in tempo, una volta tanto. Nel corso dell'operazione che ha portato al loro arresto sono stati sequestrati una pistola, una mitragliatrice e prodotti chimici utilizzabili per fabbricare esplosivo. Secondo il quotidiano Le Parisien, Clément e Mahiedine avevano già diffuso online il video del loro giuramento di fedeltà allo Stato Islamico. Il classico ultimo atto, una sorta di testamento politico-religioso, cui ogni bravo kamikaze non rinuncia, quando il rischio di finire nel firmamento dei martiri-eroi è piuttosto alto, quando non assolutamente dato per scontato.
Ora si dice che obiettivo dell'imminente attacco terroristico fosse il conservatore Francois Fillon. Sua è la faccia che compare in un sinistro fotomontaggio trovato in tasca a uno degli arrestati. Nel fotomontaggio si vede Fillon sulla prima pagina del quotidiano Le Monde del 16 marzo sovrastato dalla bandiera nera dell'Isis e da un mitragliatore assieme a una scritta che glorifica la legge del taglione. Occhio per occhio. Stando alla stampa francese gli arresti sono il risultato di due diverse indagini e della collaborazione dei servizi segreti britannici. Un gioco di incastri, di coincidenze sospette, di conti che alla fine sono tornati. Con la scoperta delle armi, dell'esplosivo, del fotomontaggio. Fillon naturalmente era stato avvertito dalla polizia. E anche i servizi di sicurezza degli altri candidati, la Le Pen e il centrista Emmanuel Macron erano stati messi sull'avviso.
A quattro giorni dal voto, la tensione mai calata dai tempi di Charlie Hebdo, in un Paese in perenne stato d'allerta - è alle stelle.
Scorte rafforzate, 50 mila tra poliziotti e gendarmi a guardia delle strade, dei 67 mila seggi e dei luoghi di interesse strategico. Porti strade ferrovie e aeroporti sorvegliati. «Facciamo tutto il possibile», assicura il ministro dell'Interno, Matthias Fekl. Dopo aver fatto il possibile, inshallah, non resterà che incrociare le dita.
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