La follia dirigista dell'Ue non si ferma: ora obbliga le aziende alle quote rosa nei Cda

La volontà di introdurre le quote rosa nei consigli delle aziende è antitetica al principio di meritocrazia, occorre dare incarichi alle donne perché sono di valore e non per il solo fatto di essere di sesso femminile

La follia dirigista dell'Ue non si ferma: ora obbliga le aziende alle quote rosa nei Cda

Non ci sono limiti al dirigismo dell’Unione europea che - nelle foga di normare tutto e imporre regole, obblighi, paletti - vuole non solo dire ai cittadini come vivere e comportarsi ma anche entrare nelle decisioni delle aziende europee indicando agli imprenditori chi devono assumere o nominare. Può sembrare un’assurdità ma è quanto approvato con la direttiva “Women on Boards”, un’intesa nel trilogo tra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue nata con l’obiettivo di “garantire la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa nell'Ue”.

La direttiva “mira a introdurre procedure di assunzione trasparenti nelle aziende, in modo che almeno il 40% degli incarichi di amministratore non esecutivo o il 33% di tutti gli incarichi di amministratore siano occupati dal sesso sottorappresentato”. Già così concepita è una misura più che discutibile: per quale motivo un’entità come l’Unione europea deve imporre il personale a un’azienda privata? Si tratta della contraddizione di ogni principio di economia liberale e un’approccio dirigista tipico dei paesi socialisti ma approfondendo i contenuti della “Women on Boards” si rimane sbigottiti.

“Nei casi in cui i candidati siano ugualmente qualificati per un posto, la priorità dovrebbe andare al candidato del sesso sottorappresentato”, in poche righe si eliminano decenni di battaglie per il concetto di meritocrazia. A onor del vero, già la volontà di introdurre delle quote è antitetica al principio di meritocrazia, occorre dare incarichi alle donne perché sono di valore e non per il solo fatto di essere di sesso femminile. Misure di questo geere rischiano di avere l'effetto opposto di quello sperato svilendo il lavoro e l'attività delle donne più valide.

Le società interessate dalla normativa (con più di 250 dipendenti) dovranno “fornire informazioni alle autorità competenti una volta all'anno sulla rappresentanza di genere nei loro consigli” e, se non rispetteranno le quote obbligatore, andranno incontro a sanzioni.

Non si tratta di essere contrari a questa singola misura quanto a un principio: un’entità come l’Unione europea non dovrebbe entrare nell’attività imprenditoriale delle imprese, vale per le quote rosa come per la transizione energetica. Occorre domandarsi quale visione di Europa vogliamo promuovere: se un’entità che agevola e incentiva l’iniziativa privata o se, al contrario, una struttura burocratica che arriva dal punto di imporre agli imprenditori come operare in casa propria.

Se passa il principio che un'entità pubblica può intervenire nel processo di selezione del personale di un'azienda, si apre uno scenario per cui oggi sono le quote rosa, domani potrebbe essere qualsiasi altra direttiva facendo venir meno il senso stesso dell'attività imprenditoriale.

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