L'ultima trovata dei partigiani moderni: l'anagrafe antifascista

A Stazzema il sindaco vara il "registro" per chi rigetta nostalgie del passato: è polemica

L'ultima trovata dei partigiani moderni: l'anagrafe antifascista

Di antifascista, a Stazzema, c'è Stazzema. Chi visita Sant'Anna e il Parco della Pace ci va per non dimenticare quella strage nazifascista, l'eccidio di 560 persone avvenuto il 12 agosto del 1944, una pagina infame della nostra storia, sporca del sangue di uomini, donne e bambini innocenti. Ora, però, per iniziativa del sindaco del comune toscano, Maurizio Verona, Stazzema varerà un'«anagrafe antifascista». Una sorta di comune virtuale al quale potrà iscriversi chi condivide i principi elencati in una carta, al momento ancora in via di redazione. Oltre la costituzione, oltre gli statuti comunali, oltre la stessa accettazione delle regole democratiche su cui è fondata la nostra Repubblica. Ce n'è bisogno? Secondo il primo cittadino sì: l'anagrafe antifascista è una risposta ai casi di «ritorno in auge di simboli e ideologie che dovrebbero appartenere al passato». E l'iniziativa, giura, «non vuole escludere qualcuno» ma unire, e «difendere le minoranze». Peccato che l'iniziativa sia fatta anche per escludere, visto che le associazioni che vorranno manifestare sul territorio del comune, dopo il varo dell'Anagrafe antifascista, dovranno dimostrare di essersi iscritte oppure nisba. Che fa un po' a pugni con lo scopo dichiarato, «impegnarsi per la libertà di tutti di esprimere il proprio pensiero».

Insomma, lo scontro sulle nostalgie vere o presunte, sui «rigurgiti fascisti», sulla guerra ai simboli del Ventennio, passata dalle parole della Boldrini contro i monumenti alla legge Fiano, fino ai blitz dei naziskin comaschi e alle bandiere del Secondo Reich fotografate in caserma a Firenze non accenna a placarsi. E purtroppo un luogo della memoria diventa l'occasione per rilanciare una polemica che divide. E che non nasce certo nel piccolo comune in provincia di Lucca. Già la scorsa settimana, infatti, Firenze aveva per esempio approvato il «patentino antifascista». E modificato il proprio statuto per rimarcare che «il Comune opera contrastando l'ideologia nazifascista», come se non bastasse, appunto, la Costituzione. Un patentino che dividerà «buoni» da «cattivi», perché, stando a un emendamento approvato, «chiunque intenderà organizzare un'iniziativa su area pubblica dovrà farlo nel rispetto dei principi dello statuto e della Costituzione impegnandosi con una dichiarazione esplicita di rispetto dei valori antifascisti sanciti dall'ordinamento repubblicano». Prima di Stazzema, oltre a Firenze iniziative simili sono state adottate da diverse città, toscane (Siena, Pisa, Prato) e non solo (Bologna, Cuneo, Pavia). Ma la patente per bocciare i pensieri cattivi suona illiberale per molti. Come i consiglieri toscani di opposizione, con Fi e Fdi che definiscono «inutile se non illegittima» l'iniziativa, perché «niente cambia rispetto a quanto prevede la legge italiana sulla libertà di parola». Così, sul caso Stazzema, paradossalmente i primi a evocare la Costituzione non sono i «cittadini antifa doc» che sogna il sindaco, ma i cattivoni di Casapound Versilia.

Che ricordano al sindaco come «vietare ed emarginare chi non la pensa come lei va contro i principi della Costituzione. Proprio quella che lei sventola in nome dell'antifascismo ma, che forse, non ha letto e compreso veramente».

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