L'ultima truffa sui migranti: abolire i rimpatri per legge

Una proposta in discussione prevede che il permesso di soggiorno diventi illimitato. E non esistono «quote»

L'ultima truffa sui migranti: abolire i rimpatri per legge

Ce la sta mettendo tutta la sinistra di palazzo a lavorare per concedere a ogni straniero che sbarca illecitamente sulle nostre coste quel permesso di soggiorno temporaneo, mascherato da ricerca di un lavoro, per collocarlo al riparo da qualsivoglia rimpatrio. Sono oramai settimane che presso la commissione Affari costituzionali della Camera si susseguono, fitti fitti, periodici appuntamenti per le audizioni sulla proposta di legge 18 (presentata sì a fine 2017, riposta nei cassetti e ora ritirata fuori) intitolata «Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell'inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari». Peccato che basti leggere i dettagli del testo per comprendere da subito che un provvedimento del genere abolirebbe a piè pari il reato di clandestinità. Pacchia per tutti allora.

È lo stesso articolo 8 della proposta che chiarisce il punto cruciale: «Abolizione dei reati di ingresso e soggiorno illegali». E per ottenere il tanto agognato permesso basta che l'immigrato presenti una dichiarazione di buone intenzioni e una sorta di capacità lavorativa, molto spesso avvalendosi di una semplice autocertificazione e il gioco è fatto. Se questa proposta passasse si supererebbero i limiti del diritto all'asilo. Ma non basta. Il permesso di soggiorno, secondo quanto dettato dalle nuove norme sarebbe comunque rinnovato anche se lo straniero non trovasse lavoro stabile ma si iscrivesse, dopo un periodo di precariato alle liste di disoccupazione. In questo caso gli si chiederebbe di rimanere sul suolo italiano per rendersi disponibile a partecipare a programmi di politiche attive del lavoro. Insomma un patto per il lavoro sull'onda di quello stipulato per ottenere il reddito di cittadinanza.

Davvero esemplare la volontà dei tanti proponenti tra cui spicca l'unico partito politico, quello dei Radicali italiani, mentre gli altri sono rappresentati dalla cosiddetta società civile, sindacati e realtà religiose: Fondazione Casa della carità Angelo Abriani, Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, A buon diritto, Caritas, Fondazione Migrantes, Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle chiese evangeliche italiane, Cgil, Emergency assieme ad associazioni locali che trasfigurano la legge come un'iniziativa popolare. E infatti non stupisce, dopo la disamina dei plurimi tecnicismi tipici di una certa burocrazia cooperativistica e discrezionale, l'istituzione di una sorta di centri per l'impiego dedicati agli stranieri e destinati all'incontro tra domanda e offerta. Centri che possono essere gestiti anche da stranieri richiedenti asilo. Stranieri di serie A quelli che gestiscono i centri, stranieri di serie B quelli che li utilizzano. A questi ultimi vengono offerti addirittura nuovi standard per riconoscere le qualifiche professionali, facilitazioni per entrare nell'elenco dell'elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative, non ultimo ma non certo in ordine di importanza, l'abolizione del reato di clandestinità. Un altro colpo di scure ai decreti Sicurezza.

Già, perché come si legge chiaramente «con il permesso di soggiorno si prevede la regolarizzazione dei migranti irregolari, compresi i richiedenti asilo ai quali è stata respinta la richiesta di protezione internazionale». Ovviamente se questa proposta verrà approvata così com'è saranno abolite le quote di ingresso annuali per i lavoratori e potrà entrare in Italia chi vuole.

Entrare e rimanere all'interno dei confini nazionali naturalmente. Guai a oltrepassarli: il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, altrove, sarebbe carta straccia. Un po' come la perifrasi della protezione umanitaria misconosciuta oltralpe.

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