Lo conosce da trent'anni: dapprima come teologo, poi come prefetto all'ex Sant'Uffizio, infine come Papa. Il legame tra monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione e Joseph Ratzinger è forte e di lunga data. Nel 2008 Benedetto XVI lo nomina presidente della Pontificia Accademia per la vita, elevandolo alla dignità di arcivescovo. Nel 2010 viene nominato presidente del nuovo dicastero voluto proprio dallo stesso Papa Ratzinger.
Eccellenza, come ha vissuto questi giorni di ansia per la salute del Papa emerito?
«Papa Francesco ci ha chiesto di pregare in questo momento particolare nella vita di Benedetto XVI e credo che nel mondo intero, la chiesa tutta, ci sia un coro di quel linguaggio che tutti noi conosciamo, anche se in lingue diverse. È l'unico linguaggio della fede, è il modo per accompagnare una persona in un momento di debolezza come questo, con la preghiera. Si vive questo momento ripercorrendo anche i tanti momenti della vita di Joseph Ratzinger, di Benedetto XVI e di quello che lui ha rappresentato e ancora rappresenta per la chiesa».
Che rapporto ha avuto con il Papa emerito?
«La conoscenza con Ratzinger significa più di trent'anni della mia vita, l'ho incontrato per la prima volta nel febbraio del 1993. Prima lo conoscevo come teologo perché avevo letto i suoi libri; nessuno può dimenticare L'introduzione al Cristianesimo, il volume che lo ha fatto conoscere al mondo. Poi il legame è continuato con la nomina alla Pontificia Accademia per la Vita e infine è stato lui che ha voluto istituire il dicastero della Nuova Evangelizzazione, chiedendomi di guidarlo. Sono ricordi che non sono legati alla nostalgia ma che appartengono al presente, e sono più una provocazione a mantenere vivo il suo ricordo».
Che cosa lascia in eredità alla chiesa e al mondo?
«Non dimentichiamo che con lui si conclude l'ultimo teologo significativo del XX secolo che ha partecipato ai lavori del Concilio Vaticano II, una memoria storica del suo contributo al tema della rivelazione, della Chiesa, della tradizione. Ricordiamo che l'11 ottobre scorso Francesco ha voluto celebrare i 60 anni dal Concilio. Questo significa anche valorizzare il contributo personale del teologo Ratzinger. E poi rimangono i sette anni di Pontificato che hanno segnato un momento di grande tristezza per la vita della Chiesa. Non dimentichiamo che è stato Ratzinger che ha voluto affrontare con chiarezza e determinazione il tema dello scandalo degli abusi sessuali nel clero. E non dimentichiamo come Ratzinger abbia affrontato e analizzato il tema della contemporaneità, in piena continuità con Paolo VI. Entrambi i Papi si sono confrontati con il tema della modernità. E poi ci sono stati i momenti di incomprensione: pensiamo al discorso di Ratisbona, o allo strumentale impedimento della facoltà dell'università La Sapienza ad accogliere il Papa e altri fatti tristi che riletti oggi riflettono una situazione di incomprensione nei confronti di un uomo, un teologo, un Papa».
Ha un ricordo particolare del suo legame con Ratzinger?
«È un fatto recente. Sappiamo come Benedetto XVI abbia manifestato sempre la sua passione per i presepi. Ecco, quest'anno siamo giunti alla V edizione dei 100 presepi in Vaticano. Un paio di settimane fa, l'ho incontrato, mentre faceva una delle sue solite passeggiate nei giardini vaticani e con voce sottile mi ha sussurrato: I presepi, i presepi. Aveva perfettamente chiara l'iniziativa e il desiderio di poterla visitare».
Come le è sembrato?
«Stanco, ma sicuramente ancora lucidissimo».
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