Come primo atto da parlamentare Aboubakar Soumahoro si è subito preoccupato dei lavoratori, suo core business da sindacalista specializzato in mano d'opera immigrata, il profilo che è così piaciuto ai salotti radical televisivi (i suoi mentori Zoro, Saviano e Damilano) e alla coppia Bonelli-Fratoianni tanto da candidarlo in posizione blindata alla Camera come uomo immagine della sinistra anti-Salvini. Appena arrivato a Montecitorio il deputato con gli stivali (ma meno furbo del gatto) ha messo in opera il copione per cui era stato scritturato. E come co-firmatario (insieme a Chiara Gribaudo, deputata e membro della segreteria nazionale del Pd) ha depositato una proposta di «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati». Un tema che Soumahoro conosce molto bene viste le condizioni di lavoro dei dipendenti delle due cooperative di famiglia, la «Karibu» e la «Consorzio Aid», gestite dalla moglie e dalla suocera del deputato, sotto indagine dalla Procura di Latina e dalla guardia di Finanza per la gestione dei fondi pubblici e per verificare il reato di truffa per il mancato pagamento dei salari, così come denunciato da una trentina di lavoratori. Da tempo l'ispettorato del lavoro indagava, ma il sindacalista era distratto, convinto che la coop di famiglia fosse «virtuosa». Gli era bastato vedere un giorno sui giornali «una pagina con 70 personalità espressione della buona impresa, tra cui la Merkel, e tra quelle persone anche «la foto di mia suocera», per convincersi che fosse tutto a posto. Anche quando ha saputo che non erano stati pagati gli stipendi ai dipendenti, ha chiesto informazioni alla moglie (impegnata nel frattempo a far valere il suo «diritto alla moda e all'eleganza», come dice Soumahoro, comprando abiti e borse di lusso), che gli aveva risposto che era semplicemente dovuto al ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione che dava l'appalto: «Per me era una risposta sufficiente». Tutto ciò mentre in Parlamento chiedeva, con un atto ufficiale, di creare una commissione apposita per indagare su «condizioni di lavoro e sfruttamento» di lavoratori in Italia, cioè situazioni simili a quelle che denunciano i lavoratori delle coop della moglie e della suocera di Soumahouro. Un altro paladino dei diritti e degli ultimi finito sotto accusa per l'opposto, lo sfruttamento dei più deboli e degli immigrati. Un caso che ricorda da vicino un altro santino della sinistra accogliente, Mimmo Lucano, sindaco di Riace, assurto a modello di integrazione degli immigrati e uomo-immagine del fronte progressista (con sempre gli stessi sponsor, Saviano, giornali e programmi tv schierati a sinistra), prima di finire condannato per una lunga serie di reati a danno appunto degli ultimi («Lucano da dominus indiscusso del sodalizio - scrive il giudice nella sentenza -, ha strumentalizzato il sistema dell'accoglienza a beneficio della sua immagine politica»). I santini si rimpiazzano in fretta, caduto un Lucano è arrivato Aboubakar, che ora è in bilico e già in procinto di essere mollato dai compagni. Per ora il deputato pensa di essersela cavata con «l'autosospensione», che suona bene ma è uno stratagemma politichese per prendere tempo e per mantenere lo status quo. La «punizione» sarebbe quella di non far parte del gruppo parlamentare dei Verdi, ma di passare nel Misto. Non un grande sacrificio.
Tutti i privilegi e i benefit dello status di parlamentare, a partire dallo stipendio da deputato, non vengono affatto autosospesi, ma gli restano in tasca. In attesa di far luce su quello che accadeva nelle coop di famiglia, anche senza una commissione parlamentare di inchiesta.
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