M5s, Conte non si conta. Poche liste alle Comunali per evitare la disfatta

Movimento in difficoltà anche sui candidati. Giarrusso: "Nessuno vuole venire con noi"

M5s, Conte non si conta. Poche liste alle Comunali per evitare la disfatta

Aaa: cercasi candidati. Di liste, alle amministrative del 12 giugno, il Movimento Cinque Stelle ne presenta pochine. Su 26 capoluoghi di provincia che andranno al voto, forse ce ne saranno - forse - in 13. E spesso nascoste dietro altri simboli, «civici» o «ambientalisti» o altre fantasticherie, e a loro volta mimetizzate nel campo più o meno largo del centrosinistra, sotto l'egida del Pd.

In verità, Giuseppe Conte avrebbe preferito evitare pure quelle poche, per il fondato timore di vedersi accollare risultati assai deprimenti. Tanto più che il M5s non ha un solo candidato sindaco in tutta Italia, e si limita ad appoggiare quelli altrui, per lo più del Pd. Anche se nelle ultime ore alcune alleanze stanno saltando, soprattutto a Sud: ieri il Pd di Napoli denunciava «esterrefatto» che all'ultimo secondo i grillini di Somma Vesuviana sono passati dal loro candidato a quello di centrodestra.

Ma il vero problema, che rivela la totale mancanza di classe dirigente, è che, laddove si è deciso di presentare comunque una lista, non si trovano i nomi per riempirla: «Noi li cerchiamo, ma nessuno si vuole candidare con noi», ammette l'europarlamentare Giarrusso. Così si stanno inserendo di gran carriera candidati presi a caso tra amici e parenti degli attivisti superstiti per poterle presentare, con la consapevolezza che non porteranno alcun voto di preferenza. Persino nell'ex forziere di voti del partito, la Sicilia, dove i 5S vorrebbero avere il candidato governatore alle prossime regionali (ma si stanno scannando al proprio interno tra il suddetto Giarrusso e il pluricandidato Cancelleri, con il Pd che pensa di chiedere le primarie per evitare di dover sostenere uno dei due) ci sarà il simbolo solo a Palermo, e forse a Messina e in un comune catanese. Con sondaggi che danno come punta massima il 6%. Situazione parecchio imbarazzante per quello che Conte, in ogni siparietto televisivo, rivendica essere «il partito di maggioranza relativa».

Del clima tetro approfitta l'ex padrone (ereditario) del partito, Davide Casaleggio. Per infierire e irridere i suoi ex adepti: «Mi dispiace che M5s non voglia più partecipare alle comunali», maramaldeggia. Del resto, aggiunge, «il Movimento ha imboccato una via di declino che sta continuando a scendere: i sondaggi stanno crollando di giorno in giorno». E «anche l'alleanza con il centrosinistra penso stia tramontando».

Che il disagio e l'insofferenza tra Pd e M5s sia a livelli di guardia è palese, come dimostrano gli scontri sempre più plateali sui temi fondanti, a cominciare dalla politica estera. «Nodi che vanno sciolti subito», perché se «si vuole proseguire l'alleanza» serve «vera condivisione sui valori di fondo», ammonisce il sindaco dem di Firenze Dario Nardella.

E che quella «condivisione» non ci sia neppure lontanamente lo dimostra quanto sta avvenendo in sede Ue: gli eletti M5s contavano sull'appoggio del Pd per ottenere una rapida ammissione nel gruppo Socialisti e Democratici del Parlamento europeo, dopo essere stati rifiutati da tutti gli altri. Letta aveva aperto. Ma ora ha fermato tutto: «Con quella linea ambigua su Putin, non esiste che entrino», spiegano a Bruxelles.

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