Macron bocciato da sette francesi su dieci. La chiamata alle armi per salvare la faccia

Il presidente, crollato al 29%, rimette mano all'organizzazione dell'Eliseo

Macron bocciato da sette francesi su dieci. La chiamata alle armi per salvare la faccia

L'Eliseo in assetto da guerra. Per vincere la battaglia sulla comunicazione, tentare la rimonta nei sondaggi, prepararsi alle battaglie dei prossimi mesi. In ballo ci sono la Finanziaria (il deficit cresce più del previsto, il Pil meno), il piano anti-povertà (l'annuncio giovedì) ma soprattutto due appuntamenti elettorali cruciali: le europee 2019 e le comunali del 2020. Emmanuel Macron mette l'elmetto e chiama i suoi fedelissimi alle armi, pronto a una riorganizzazione dei servizi della presidenza e ad aprire una nuova linea di dialogo con i francesi. La prossima settimana arriverà l'annuncio del grande ritorno di un «direttore generale dei servizi» della presidenza (Dgs), ruolo di cui si era servito Sarkozy e invece sparito nell'era del predecessore Hollande. Sarà rivestito da Jérôme Rivoisy, ex allievo dell'Ena (la scuola di amministrazione che sforna la classe dirigente francese), incaricato di lanciare un'operazione trasparenza dopo le nubi estive del caso Benalla e i numeri tragici delle ultime ore.

Perché da ieri si parla già di «effetto 11 settembre» per il presidente di Francia, affossato in queste ore da un nuovo sondaggio (Odoxa per France Inter), fotografia impietosa della sua caduta inesorabile di popolarità, oggi al 29% (record negativo, peggiore del predecessore allo stesso momento del quinquennato) e dodici punti percentuali in meno rispetto a giugno. Il 71% dei francesi ha un'opinione negativa di monsieur le président mentre il ministro della Transizione ecologica Nicolas Hulot, uscito dal governo due settimane fa in polemica con la linea fallimentare sull'ambiente, guadagna consensi nell'opinione pubblica (+13%) e i Verdi (sondaggio Bva del 31 agosto) sono addirittura al 35% contro il 34% del partito di Macron En Marche, tallonati dalla sinistra radicale de La France insoumise al 31%.

Le cose potrebbero persino peggiorare ora che l'uomo chiave della débâcle presidenziale, l'ex guardia del corpo Alexandre Benalla, ha annunciato che non si presenterà di fronte alla Commissione Giustizia del Senato che lo aveva convocato per mercoledì prossimo. Mentre emergono novità sullo scandalo (BfmTv diffonde il contratto di Benalla: 4 pagine e 6mila euro netti al mese), il funzionario dell'Eliseo che picchiò in piazza alcuni manifestanti il primo maggio, accusato di aver avuto passaporto diplomatico, auto di servizio e armi - nonostante il suo ruolo non lo prevedesse - ha fatto sapere tramite avvocato di «non voler andare davanti a una commissione per fare dichiarazioni che potrebbero essere riprese dagli inquirenti». Bocca cucita per non peggiorare la situazione. Ma sulla questione si è già aperto un braccio di ferro: la Commissione potrebbe costringerlo a presentarsi e a parlare sotto giuramento, ricorrendo in caso contrario all'uso della forza pubblica.

A dover rimediare per forza è invece proprio Macron. Che non a caso entro fine anno intende rimettere mano a tutta l'organizzazione di Palazzo. A cominciare dalla comunicazione. Via il ruolo di portavoce dell'Eliseo (ecco perché la scorsa settimana si era vociferato di imminenti dimissioni) e l'ex giornalista Bruno Roger-Petit diventerà invece consigliere di Gabinetto. Per tornare alla formula magica e vincente della campagna presidenziale, Macron si affiderà a Sylvain Fort, il suo ghost-writer, per dirigere la comunicazione presidenziale.

Una mossa che qualcuno (l'ex responsabile della comunicazione di Hollande) considera la prova di una debolezza: «Quando la lotta si fa dura, il primo riflesso della dirigenza è accusare la comunicazione», spiega Gaspard Gantzer. Ma Macron non ha altre chance e chiama a raccolta la squadra artefice del suo ormai sbiadito exploit elettorale.

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