Di Maio si riveste da No-Tav. Nuovo strappo col Carroccio

Il grillino: diremo a Macron che non serve più. Salvini lo stoppa: i programmi si rispettano. Scoppia il caso Ilva

Di Maio si riveste da No-Tav. Nuovo strappo col Carroccio

Scusate, anzi pardon, la Tav in Val di Susa non si fa più, è un'opera superata. Ma amici come prima. È più o meno così che Luigi Di Maio intende presentarsi davanti al presidente francese Emmanuel Macron per giustificare lo stop all'Alta velocità ricomparso nel programma di governo che ieri il leader Cinque stelle ha presentato con la Lega a Ivrea, dopo che era sparito dalla prima bozza.

«Andremo a parlare con la Francia e diremo che la Torino-Lione poteva valere 30 anni fa ma oggi non serve più», ha detto Di Maio, spiegando che il contratto prevede il «blocco» di un'opera ritenuta inutile e dannosa. E non importano gli impegni assunti dall'Italia nel 2014, non importano le salatissime penali che il nostro Paese dovrà pagare, non importa che il centrodestra sia sempre stato a favore dello sviluppo infrastrutturale e non importa nemmeno quanto tutto questo renderà più difficili i rapporti con Parigi e soprattutto con l'Ue: l'Alta velocità va completamente ridiscussa. Come del resto i pentastellati hanno sempre sostenuto, anche schierati al fianco del popolo No Tav che proprio ieri, nel giorno in cui Di Maio ha posto il veto sul progetto, festeggiava in corteo in bassa Val di Susa. Per ribadire la contrarietà all'opera, insieme ad alcuni esponenti M5s tra cui la deputata Laura Castelli, che ha poi postato su Facebook la sua esultanza: «Oggi è un giorno di festa! L'era delle grandi opere inutili è finita!». Ma proprio su questo si cominciano a vedere le prime crepe tra M5s e Lega. Matteo Salvini torna a ribadire che «i programmi si rispettano» e il capogruppo al Comune di Torino del Carroccio, Fabrizio Ricca, si dice contento dell'accordo fra Salvini e Di Maio: «A Torino permetterà di dare le risposte che servono ai problemi del territorio, incluso il completamento della linea Tav Torino-Lione». Anche sul Blog delle Stelle si parla di No Tav, in un post dal titolo eloquente («L'era delle grandi opere è finita») che mette un pietra tombale anche sull'Ilva, destinata alla chiusura.

La Commissione europea, già dopo la pubblicazione della prima bozza del contratto in cui c'era lo stop ai cantieri tra i punti del programma, aveva ricordato all'Italia che erano stati firmati accordi precisi e che l'Europa avrebbe agito in linea con il regolamento esistente. Il monito non sembra però aver turbato Di Maio, sempre più fermo nella sua intenzione di bloccare i lavori, anche se nel contratto di governo si parla solo di «ridiscussione» del progetto. Una posizione che sta provocando più di un mal di pancia. Giorgia Meloni ritiene «surreali» le parole grilline: «Il futuro dell'Italia non è la politica dei no che blocca tutto - posta su Facebook la leader di Fratelli d'Italia - ma è la politica che decide di investire sulla crescita economica della nazione e sulle infrastrutture strategiche. La Tav è una di queste e sarebbe un gravissimo errore fermare la sua realizzazione». Anna Maria Bernini, capogruppo Fi in Senato, è preoccupata per le conseguenze della non osservanza del trattato con la Francia. «Significa - avverte - prelevare circa tre miliardi di penali dalle tasche degli italiani e intaccare la credibilità del nostro Paese».

Anche il collega Renato Schifani ritiene «aberrante» la decisione di bloccare la Tav «non solo per le conseguenze in termini economici, ma perché di fatto taglierebbe il nostro Paese dal grande flusso di comunicazioni su ferro con l'Europa», e invita Salvini a riflettere sul fatto che il centrodestra è sempre stato schierato a favore dello sviluppo delle reti di comunicazioni alternative e ad alta velocità.

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