La batteria di dichiarazioni ufficiali è tutta un coro di soddisfazione e di auguri di buon lavoro. Ma nelle chat del Movimento 5 Stelle esplode il malcontento, nonostante i grillini abbiano ottenuto quattro ministeri nel governo Draghi con le nomine di Luigi Di Maio (Esteri), Stefano Patuanelli (Politiche agricole), Fabiana Dadone (Politiche giovanili) e Federico D’Incà (Rapporti con il Parlamento). La spaccatura rischia di diventare sempre più profonda, il malessere è forte. I frondisti della prima ora caricano a testa bassa. E spingono per una scissione sostanziosa.
“Il super ministero chiesto da Beppe Grillo non c’è”, attacca la senatrice Barbara Lezzi, considerata una sentinella di Alessandro Di Battista a Palazzo Madama. “Il ministero dell’Ambiente - incalza Lezzi - non sarà fuso con il ministero dello Sviluppo economico. Eh no, perché il ricco ministero per lo Sviluppo economico sarà affidato alla Lega con Giorgetti. Noi non abbiamo votato per questo sulla piattaforma Rousseau”. Per cercare di placare gli animi, Beppe Grillo ha fatto filtrare, attraverso fonti, la soddisfazione per la nomina di Roberto Cingolani a ministro della Transizione ecologica. Posizione ribadita da una nota ufficiale del Movimento: “Un esperto autorevole alla Transizione ecologica ed energetica, dicastero che abbiamo fortemente voluto, per affrontare con competenza e visione la sfida del Recovery Plan”.
Ira contro la composizione del governo
Una benedizione a Cingolani che è un tentativo di spegnere l’incendio. Ma nei confronti interni tra parlamentari, i malpancisti sono tanti. Il fuoco della frustrazione e dell'ira divampa, eccome. “Ci hanno asfaltato totalmente. Lega e Forza Italia contano più di noi”, scrive un parlamentare. E c’è anche chi pone una domanda: “Ragazzi, siete davvero convinti di votare questo governo?”. Qualcun altro punzecchia: “Votare la fiducia? Ci vorrà veramente un grande fegato. Io vi anticipo che non ci riuscirò”. Una provocazione che si insinua tra le crepe di un Movimento già uscito dilaniato dal voto sulla piattaforma di Rousseau e dell’addio annunciato da Dibba. Il senatore Elio Lannutti si lancia così in una previsione: “Molti che non si riconoscono più in un M5S geneticamente modificato come una pannocchia della Monsanto, se ne andranno”. E la collega Bianca Laura Granato gli fa eco: “L'esodo è iniziato e purtroppo non si arresterà”.
Mattia Crucioli, altro tenace oppositore all’ipotesi di appoggio a Mario Draghi, promette battaglia: “Con tutte le forze di cui dispongo, mi opporrò a questo disegno e manterrò fede al mio mandato elettorale, tenendo alta la vigilanza su ciò che farà questo inquietante governo con la sua sbavante maggioranza parlamentare al seguito”. Il deputato Pino Cabras parla invece chiaramente di “scissione”, sdoganando un termine che finora era stato un tabù. Secondo i rumors, ci sarebbero almeno venti eletti, tra Montecitorio e Palazzo Madama, pronti a lasciare i 5 Stelle. In quale direzione, ancora non è noto. I capigruppo di Camera e Senato, Davide Crippa ed Ettore Licheri, stanno facendo una ricognizione per capire la dimensione della spaccatura.
Proprio ieri Crippa ha cercato di tranquillizzare: “Ho contezza di numeri estremamente più esigui” rispetto ai venti e più previsti. Certo, il governo partirà lo stesso. Ma il peso del Movimento potrebbe diminuire, al di là dei quattro ministri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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