Da Di Maio a Fico: ecco chi rischia di saltare

Rousseau chiede di introdurre per legge la regola del secondo mandato e lancia una petizione. I big del Movimento 5 Stelle tremano: solo Patuanelli potrebbe salvarsi

Da Di Maio a Fico: ecco chi rischia di saltare

Un colpo al Movimento 5 Stelle. Un affondo di Davide Casaleggio contro i volti più noti dei vertici pentastellati. Per mandarli a casa, fuori dalla politica alla fine della legislatura. L’associazione Rousseau ha lanciato l’attacco, annunciando il supporto alla petizione che chiede di inserire la regola dei due mandati per legge, fissata nell’ordinamento giuridico italiano. E la mossa appare un affronto ai pentastellati, anche perché arriva proprio da quel blog delle stelle, un tempo megafono dei grillini.

La proposta di legge consiste nell’indicare il limite in due mandati o in un numero massimo di anni già trascorsi in Parlamento al momento della candidatura pari a 7 (in modo che un’ulteriore legislatura eventualmente completa porti il numero di anni trascorsi in Parlamento al massimo a 12)”, si legge nel testo. Un’iniziativa destinata a non avere seguito in Parlamento, come prevedibile, ma che suona come un avvertimento alla tentazione delle deroghe che circola con insistenza nel Movimento. Con tanto di richieste al leader in pectore Giuseppe Conte, che sulla questione deve barcamenarsi, lasciando in sospeso la decisione.

Chi resta fuori senza terzo mandato

Del resto il rispetto della regola interna porterebbe all’uscita di scena dei principali esponenti del Movimento, i più mediatici e influenti, a cominciare dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Nella scorsa legislatura, infatti, è stato vicepresidente della Camera: postazione di prestigio che gli ha consentito di forgiare un profilo da leader. Restando in tema di ruoli istituzionali, lo stop al terzo mandato segnerebbe la fine dell’eleggibilità (ovviamente con il M5S) del presidente della Camera, Roberto Fico, già a capo della Vigilanza Rai nella scorsa legislatura.

Stesso discorso vale per l’eterno reggente dei 5 Stelle, Vito Crimi. Nella precedente legislatura era assurto agli onori della cronaca per essere stato il primo capogruppo al Senato dei grillini, quando la carica era “a rotazione”. Una delle tante regole interne mandate in soffitta con il tempo. Sarebbe costretto tornare alla vita di tutti i giorni, al suo lavoro di avvocato, anche Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia nei due governi Conte. La mannaia del secondo mandato si abbatterebbe poi su Riccardo Fraccaro, già sottosegretario del precedente esecutivo, e figura tra le più influenti all’interno dei 5 Stelle fin dalla precedente legislatura, quando era segretario d’Aula. Tanto per rendere l’idea, la legge per il taglio del numero dei parlamentari porta la sua firma.

Ministri e sottosegretari all'ultimo giro

Sotto scacco ci sono anche due attuali ministri, quello dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, e la titolare delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone. Dovrebbe salvarsi invece, grazie alla trovata del “mandato zero”, Stefano Patuanelli, attualmente a capo del Ministero delle Politiche agricole: prima dell’elezione al Senato è stato solo consigliere comunale a Trieste. Ma l’elenco delle vittime della regola include altre grillini attualmente al governo con vari incarichi, come la viceministra dell’Economia, Laura Castelli, il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, la sottosegretaria al Sud, Dalila Nesci, e il sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia. Sarebbe impossibile la ricandidatura, poi, per altri volti noti, per esempio l’ex ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che da duro e puro del grillismo difficilmente chiederebbe un'eventuale deroga, e la vicepresidente del Senato, Paola Taverna.

Tutto qua? Macché la lista continua con il capogruppo a Montecitorio, Davide Crippa, il presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera, Giuseppe Brescia e la vicepresidente dell’assemblea di Montecitorio, Maria Edera Spadoni, il senatore Alberto Airola, e l’ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo.

Questo solo per dire i nomi più in vista: dietro c’è una pattuglia di circa una quarantina di grillini della prima ora, che non metterebbero più piede in Parlamento. Ironia della sorte: per una regola che loro stesso hanno voluto. E che ora Rousseau vuole fissare per legge, come uno schiaffo.

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