Se l'Unesco non avesse respinto la maldestra manovra con cui si è tentato di iscrivere Venezia tra i siti in pericolo, ieri mattina avremmo assistito a un festival dell'indignazione sulle condizioni di una delle città più preziose al mondo. Non è la prima volta che accade. Negli ultimi anni i tentativi di raggiungere un simile infausto risultato sono stati molteplici. Invero non se ne comprende il motivo, se non quello di un'azione politica, animata da chi rema contro la propria patria pur di screditare l'azione di governo e priva di un dato oggettivo e sostanziale. Con un lavoro di squadra insieme al ministro Antonio Tajani, al sindaco Luigi Brugnaro, al presidente Luca Zaia e alle istituzioni locali del Comitato di Pilotaggio siamo riusciti ad evitare quella che sarebbe stata una grave ingiustizia ai danni di Venezia.
In Europa ci sono due soli casi di cancellazione dalla lista del patrimonio culturale mondiale: il primo è la città di Dresda e i paesaggi della Valle dell'Elba, derubricato nel 2009 a causa della costruzione del ponte che attraversa il fiume a qualche chilometro dal centro storico. Il secondo è il porto Vittoriano di Liverpool, declassato nel 2021 per lo sviluppo della zona portuale, considerato eccessivo. Nel primo caso, furono gli stessi abitanti di Dresda a confermare con il voto referendario la volontà di realizzare un'infrastruttura capace di decongestionare il traffico cittadino, pur sapendo della minaccia Unesco di privare la città del proprio riconoscimento.
Altri due sono invece i siti europei inseriti nella lista del patrimonio dell'umanità a rischio: il centro storico di Vienna, intaccato dallo sviluppo edilizio; e i monumenti medievali del Kosovo, a causa dell'instabilità politica ed economica di questa nazione.
Su quattro, ben tre sono i siti europei sui quali lo sviluppo urbano ha svolto e svolge un ruolo significativo nelle decisioni dell'agenzia dell'Onu. A Venezia non è questo il caso: in una delle capitali mondiali della bellezza, il rispetto della storia e della tradizione hanno sempre guidato gli interventi sul tessuto urbano. Venezia non è un fossile o una reliquia: è una città abitata e vissuta, nella sua vicenda più che millenaria ha conosciuto innumerevoli mutazioni. Ciò è avvenuto sino in età contemporanea se non addirittura ai nostri giorni, ad esempio con Palazzo Nervi-Scattolin, progettato ed edificato per l'appunto da Pierluigi Nervi e Angelo Scattolin tra il 1970 e il 1972, o il Ponte della Costituzione, ideato da Santiago Calatrava, per non parlare del Mose e di tutti i prossimi interventi, a partire da quelli finanziati dal ministero della Cultura per l'efficientamento energetico e l'accessibilità dei musei statali.
Chiudersi in un rancoroso «cupio dissolvi», incapace di rispondere a una fase cruciale dello sviluppo di Venezia se non richiedendone il declassamento Unesco, significa unicamente non credere nelle proprie capacità di immaginare, determinare e realizzare il proprio futuro. Venezia non merita questo, quanto piuttosto un atteggiamento sensibile alle istanze e alle spinte innovative della comunità che la vive, in grado di raccogliere l'amore e l'ammirazione che il mondo intero ha nei suoi riguardi e di trasformarli in un'idea di città per il futuro.
Venezia è molto cambiata negli ultimi anni. Siamo consapevoli, ovviamente, che c'è molto da fare. Quella che va respinta al mittente è la logica del «tanto peggio, tanto meglio.
*Ministro della Cultura
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