Un Masaniello che vuole fare da ariete per il Sud

De Luca flirta con chiunque pur di raggiungere l'obiettivo: aggregare attorno a sé tutti i fronti antigovernativi

Un Masaniello che vuole fare da ariete per il Sud
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Una via di mezzo tra un politico che si è formato alla storia del Pci e un Masaniello. Con un'anima naturalmente trasversale dai tratti populisti che lo porta ad essere sull'ordine pubblico più a destra della Meloni e sulle questioni sociali a lambire la sinistra. Vincenzo De Luca, il Governatore, non è catalogabile e perciò adatto a mille usi: piace a chi non sopporta la premier perché sa rispondergli a tono (ieri ha sdoganato nel vocabolario degli epiteti politici il termine str..a); a chi vede con il sangue negli occhi l'autonomia differenziata di Calderoli («una vera tragedia, esiziale per l'intero paese» è il leit motiv del Governatore); a chi sogna da anni una Lega del Sud; a quella moltitudine di sindaci di destra e di sinistra a cui va stretto il tetto dei due mandati; e, ancora, a chi vede in Elly Schlein una leadership fragile, troppo caratterizzata dall'armocromia radical-chic e desidera una guida del Pd più popolare e populista.

Insomma, De Luca è il tipico «ariete» che si propone di rompere il fronte avversario. Un esperto protagonista della sceneggiata napoletana dal profilo colto come il principe De Curtis che ieri nella manifestazione istituzionale, seguito da centinaia di sindaci del meridione, ha dato il meglio di sé. «Mi stanno venendo dietro - confida con la voce rauca di chi è reduce da un corteo - tutti quelli che sono contro l'attuale equilibrio politico. Alle prossime elezioni europee sarà chiaro che l'attuale governo ha contro la maggioranza degli italiani, il problema è quello di unirli».

E, appunto, dietro a De Luca c'è un po' di tutto, a lui guarda o con lui dialoga anche chi ci ha litigato fino a ieri. Da Matteo Renzi, a tutta l'area di governo del pd, ai grillini di Giuseppe Conte. «Ho un dialogo proficuo anche con loro», rivela. Movimentismo allo stato puro, estremamente insidioso per chi difende lo «status quo».

Quindi nessuna meraviglia se la polemica tra lui e la Meloni assume toni ruvidi, più adatti alle piazzate nei quartieri spagnoli che non alla dialettica politica. De Luca sull'autonomia e sui fondi europei sta mettendo in piedi un movimento che punta a raccogliere le istanze di buona parte del meridione, cioè dei territori che sono stati la culla di Fratelli d'Italia. Così la premier, visto che il Governatore punta a contendergli parte della sua «constituency» non si tira indietro, è costretta ad accettare lo scontro. E se la deve vedere con un avversario temibile perché il pragmatismo del De Luca «trasversale» non è circoscrivibile come l'ideologia «woke» o da sinistra radicale della Schlein. Potrà sembrare paradossale, ad esempio, ma da una parte il Governatore erige barricate contro l'autonomia leghista, dall'altra flirta con Salvini nella battaglia per cancellare il tetto dei due mandati a Governatori e sindaci. «A me - spiega - di questa battaglia non interessa un fico secco perché mentre il Veneto ha recepito la norma nell'ordinamento regionale, la Campania no. E anche se la recepisse ora nessuno potrebbe togliermi il terzo mandato. È ciò che non ha capito la Schlein insieme a tante altre cose».

Questo, però, non significa che non condivida le ragioni della protesta leghista: «Sono vittime dell'arroganza di chi ha vinto le elezioni e pensa di poter tutto. Ma ti pare che vai a sfrugugliare la Lega in Veneto, cioè nella terra che gli ha dato i natali. È come se un tempo un alleato del Pci avesse preteso la guida dell'Emilia Romagna. Bisogna saper vincere e la Meloni non è Berlusconi».

E siamo alla Meloni: non fate il suo nome che De Luca si inalbera. «Come si può pretendere - si infervora - di controllare tutti i flussi finanziari, dal Pnr ai fondi di coesione!? Lesinano finanziamenti o perdono tempo per scopi politici con un occhio alle elezioni. Ad esempio, esiste una politica culturale che devi programmare, sono in ballo posti di lavoro, e tu non puoi pensare, pensando all'altro secolo, che per lavorare bisogna prendere la tessera fascista!».

Ecco, Masaniello vuole tirarsi dietro tutti quelli a cui sta

sulle scatole questo governo. Impresa ambiziosa, magari disperata, ma lui ci crede. «Intanto - ironizza - è la Meloni che lavora per me. È lei che con la sua arroganza sta mettendo in piedi lo schieramento che la farà fuori».

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