Mascherine, primi arresti. Ora trema la corte di Arcuri

Ai domiciliari un intermediario, si vantava di avere i canali giusti. L'ipotesi di reato: traffico di influenze

Mascherine, primi arresti. Ora trema la corte di Arcuri

Mario Benotti «dopo aver ampiamente lucrato illecitamente per i contratti di fornitura delle mascherine, non pago di quanto sino ad allora ottenuto, aveva intenzione di continuare a proporre ulteriori affari al commissario Arcuri». Sono scattata ieri sera le misure cautelari ordinate dal gip Paolo Andrea Taviano nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Roma per traffico di influenze illecite sulla maxi commessa di mascherine da 1,2 miliardi di euro, acquistate dalla struttura del commissario Arcuri da tre aziende cinesi. Arresti e interdittive notificate a cinque persone, gli intermediari dell'affare che hanno ottenuto dalle società provvigioni per 70 milioni di euro. L'accusa di traffico di influenze illecite è aggravata dalla transnazionalità del reato.

Agli arresti domiciliari solo uno degli intermediari, l'ecuadoriano Jorge Solis, che tramite la società intestata alla figlia, la Guernica srl di Roma, ha ottenuto dalla Cina provvigioni per 5,8 milioni di euro. Per altri quattro indagati - Benotti, la moglie Daniela Guarnieri (rappresentante di Microproducts), Andrea Vincenzo Tommasi titolare della Susnky e Georges Fares Khouzam (presidente di Partecipazioni, una delle società riconducibili a Benotti) - è stato disposto il divieto temporaneo dell'esercizio di attività d'impresa e di ricoprire incarichi o uffici direttivi. Il provvedimento del gip arriva dopo che una settimana fa sono stati eseguiti due decreti di sequestro preventivo, di cui uno urgente firmato dai pm romani coordinati dall'aggiunto Paolo Ielo, di somme pari a 70 milioni di euro - denaro frutto di un'attività di «mediazione occulta» nei confronti della struttura commissariale. A far scattare anche le misure cautelari - chieste dalla procura a dicembre - il rischio di reiterazione del reato.

Dopo aver lucrato, Benotti voleva fare «altri affari». Intercettato, si legge nell'ordinanza del gip, confida a alla moglie la sua «frustrazione per il fatto che il commissario ha interrotto i rapporti con lui e che questo potrebbe essere il sintomo che Arcuri avrebbe avuto notizie informa riservata su qualcosa che ci sta per arrivare addosso, chiaro riferimento alla possibilità di indagini giudiziarie». È stato lo stesso Benotti a rivelare lunedì a Quarta Repubblica che dietro l'interruzione dei suoi rapporti con Arcuri dal 7 maggio scorso ci sarebbe stata la notizia, che lui ha dichiarato essergli stata riferita dal commissario, di una possibile inchiesta dei servizi.

Ma anche l'ecuadoriano finito ai domiciliari, Jorge Solis, voleva continuare a fare affari, questa volta senza Benotti ma sfruttando i canali con la struttura del commissario. A fine ottobre si proponeva così a un altro imprenditore romano - Michele Casciani, estraneo all'indagine - per fornire guanti: «Io ho il numero di Arcuri». E ancora: «Arcuri conosce il gruppo nostro... Fabbrocini (funzionario dell'ufficio acquisti del commissario, ndr) conosce. Arcuri a occhi chiusi te compra, perché noi abbiamo dato credito per 400 milioni all'Italia. E hanno pagato, tutto hanno pagato». Del resto sarebbe stato Solis il tramite con i cinesi, il gancio per la maxi fornitura, tanto che il suo nome e il suo cellulare compaiono in una mail inviata da Benotti alla struttura di Arcuri, indicandolo come uno dei riferimenti dell'operazione.

Il contatto di Solis risulta essere a sua volta il cinese Marco Cai, identificato dagli investigatori in Cai Zonghkai che ha diverse attività in Italia, e risulta residente in un condominio alla periferia est di Roma.

La moglie è la manager della Luokai, la società che si è aggiudicata la metà dell'intera commessa benché sia stata costituita solo 5 giorni prima di quella sigla. Intercettato prima che uscisse la notizia dell'inchiesta, il cinese, nel frattempo rientrato in Cina, raccomandava a Solis prudenza nelle comunicazioni: «Usa un altro numero, se c'è un controllo...».

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