Il professor Vittorino Andreoli, durante il processo-Maso (condannato a 30 anni per aver massacrato nel 1991 i genitori allo scopo di ereditare il patrimonio di famiglia), incaricato della perizia psichiatrica sull'imputato, scrisse: «Pietro Maso, all'atto del duplice delitto, era perfettamente in grado di intendere e volere». Scontato - come si dice - il suo «debito con la giustizia», Maso tornò libero, conquistandosi addirittura su Chi una copertina a torso nudo, tatuato e palestrato. Di Maso si parlò come candidato per noti reality, ma fortunatamente non se ne fece nulla; ciò però non gli impedì di rilasciare varie interviste, partecipando nelle vesti di one man show del crimine a vari salotti televisivi. Ricevette anche una telefonata dal Papa cui dette ampia e dettagliata pubblicità, riferendo come nella conversazione avesse confessato al Pontefice di aver ammazzato i genitori «in quanto malato» (smentendo quindi le conclusioni del professor Andreoli). Nel corso degli anni su Maso è calato un opportuno silenzio, rotto solo da qualche evitabilissimo rumore di fondo. E a questa categoria appartiene l'ultima uscita di Pietro che ha pensato bene (o male) - questo lo deciderà il giudice - di querelare per diffamazione aggravata il rapper Fedez. La classica diffamazione a mezzo stampa? No, una più originale diffamazione «a mezzo canzone». Già, perché l'iscrizione nel registro degli indagati del marito della Ferragni («l'imprenditrice digitale») è in relazione al testo della canzone No Game-Freestyle pubblicata nel giugno scorso da Fedez dove si fa riferimento proprio alla vicenda processuale di Maso. Nel brano l'artista cita infatti Maso, tornato libero nel 2015: «Flow delicato, pietre di raso, saluti a famiglia da Pietro Maso, la vita ti spranga sempre a testa alta come quando esce sangue dal naso ()», il passaggio del brano contestato. Non si capisce praticamente nulla, ma una querela non si nega a nessuno. Maso invece pare abbia capito tutto benissimo, e nella denuncia si mostra offesissimo: «È richiamata in maniera esplicita la drammatica vicenda personale e processuale che mi ha visto coinvolto e che, a distanza di anni e di un faticoso e doloroso percorso personale sono riuscito a superare».
Per Maso «le espressioni utilizzate, riferite e riferibili in maniera chiara, diretta ed esplicita al sottoscritto, appaiono oggettivamente diffamatorie e non possono essere certamente ricondotte all'uso di immagini forti appartenenti al genere musicale o alla cifra artistica degli autori, ovvero a vicende personali assimilabili».
Puntualizza il legale di Maso: «La libertà di espressione e di manifestazione del proprio pensiero non può determinarsi in modo da ledere l'onorabilità altrui, atteso che la vicenda che ha interessato Pietro Maso, ad oggi, non assume alcun interesse in termini di attualità e rilevanza storica».La scalcagnata giustizia italiana deve occuparsi perfino di questo.
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