È la politica (del presidente), bellezza. Sergio Mattarella riprende in mano gli affari esteri. Lo fa cucendo attorno alla fase conclusiva del Settennato un'agenda che, in tre giorni, punta a riordinare una pratica diplomatica scombinata dagli azzardi a Cinquestelle (che hanno rischiato di mettere in soffitta decenni di intese strategiche) e dai ripetuti abboccamenti di Beppe Grillo con le feluche cinesi (che hanno fatto interrogare Washington sulla effettiva «fedeltà» italiana agli States).
Per ribadire «l'eccezionale amicizia» tra Italia e Usa, ieri il presidente della Repubblica ha scritto anzitutto all'inquilino della Casa Bianca Joe Biden, cogliendo l'opportunità dell'Independence Day per inviare «all'amico popolo americano le più cordiali felicitazioni della Repubblica Italiana» nella ricorrenza del 4 luglio. «La perdurante vitalità dei legami transatlantici merita di essere costantemente alimentata e sostenuta», sottolinea. D'altronde Mattarella aveva già visto il Segretario di Stato americano Blinken al Quirinale, ma ripete pure a Biden la linea del governo Draghi: «L'Italia aderisce con convinzione a tale compito, Usa e Ue sono chiamati a lavorare sempre più strettamente insieme e nei molteplici ambiti di comune interesse». Un colpo di spugna sulle sbandate grilline e «riatlantizzazione» completata.
Scavalcando di fatto il capo della diplomazia Luigi Di Maio, relegato ormai al ruolo di guida turistica per gli ospiti del G20 nel Belpaese, Mattarella è pure chiamato a rinsaldare l'amicizia italo-francese, formalizzando di persona la riconciliazione tra Parigi e Roma dopo l'affaire dei gilet gialli. Arrivato ieri a Parigi per la visita di Stato, oggi vedrà Macron all'Eliseo. Tocca infatti a Mattarella grattare via la ruggine accumulata da Di Maio: a febbraio 2019, il Cinquestelle fece tappa in Francia dai gilet gialli (dall'ala che inneggiava alla guerra civile). Di Maio offrì loro la piattaforma Rousseau; Macron, per protesta, richiamò l'ambasciatore per consultazioni. E già allora Mattarella fu decisivo: risolse la più grave crisi diplomatica tra Parigi e Roma, prodotta dai pentastellati, con una telefonata. Chiamò l'Eliseo e volò subito a Notre-Dame dopo il rogo della cattedrale, riaprendo il dialogo con una tappa di cortesia. Da allora, Macron considerò il suo omologo «l'interlocutore italiano».
Oggi il ministro francese per gli Affari europei saluta così su Twitter la visita di Mattarella, stavolta di Stato: «Quest'anno firmeremo un trattato bilaterale per confermare questa amicizia, un legame unico in Europa, fondamentale e ancora sottovalutato». Stop a rapporti ossidati, ripresi per dossier singoli (per esempio su Giustizia ed estradizioni). Mentre il premier Draghi cura i legami con le cancellerie europee, facendo girare il meccanismo Ue, oliando a dovere la macchina del Recovery, Mattarella continua a ripristinare il Dna della politica estera. Dal Memorandum sulla Via della Seta sono spuntate, anche grazie alla sua vigilanza, regole più severe rispetto a quelle concordate nella fase a trazione grillina.
A Parigi porterà i rapporti bilaterali al salto di qualità, ricucendo con i «cugini», che a lui, nel primo viaggio post-pandemia, riservano onori militari, bandiera italiana lungo il percorso fino all'Eliseo e scorta di 120 corazzieri in moto e a cavallo. Terrà pure una Lectio magistralis a La Sorbona; domani infine l'omaggio al Milite ignoto all'Arc de Triomphe, l'incontro la sindaca di Parigi Anne Hidalgo e il premier Jean Castex.
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