Per la sua «prima» all'estero, Giorgia Meloni sceglie Bruxelles. Un messaggio politico chiaro e inequivocabile, per provare a chiudere i distinguo degli anni passati. Un segnale all'Europa e a tutte le diplomazie che guardano al nuovo governo italiano con una certa apprensione, il tentativo di provare a sminare le perplessità che accompagnano il neo-presidente del Consiglio, non tanto per il profilo del leader di Fdi (che ormai da anni si muove con nettezza nel solco del filo-atlantismo), quanto per gli alleati. Non è un caso che solo 48 ore fa il governo di Kiev abbia bruscamente polemizzato con la Lega, puntando il dito contro il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo. Durante le dichiarazioni di fiducia a Palazzo Madama mercoledì scorso, infatti, il presidente dei senatori leghisti si è spinto a dire che sui negoziati di pace «si fa fatica a sentire che decideranno gli ucraini», mentre sarebbe meglio sostenere che «decide la comunità internazionale nell'interesse dell'Ucraina». Sortita che Volodymyr Zelensky non ha per nulla gradito.
Meloni, dunque, sceglie di iniziare da Bruxelles. Dove giovedì - grazie ai buoni uffici del ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, uno che in Europa è di casa ormai da anni - incontrerà, nell'ordine, Roberta Metsola, Ursula von der Leyen e Charles Michel. La prima al Parlamento Ue, la seconda alla Commissione Ue, il terzo al Consiglio Ue. Un tour piuttosto impegnativo, che dovrebbe iniziare verso le quattro del pomeriggio e concludersi dopo cena. Che, rimbalza da Bruxelles, potrebbe essere proprio in compagnia di Michel. Improbabile, invece, che si riesca a trovare una finestra con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. I due si sono già sentiti e si sono trovati in sintonia, ma le rispettive agende non sarebbero compatibili. Sempre dalla Commissione Ue, dove la delegazione italiana di Fdi è ovviamente allertata, filtra che non ci sarebbero i tempi tecnici per una conferenza stampa. Si ragiona, invece, su dichiarazioni congiunte - senza domande - dopo l'incontro con von der Leyen.
Per Meloni, insomma, sarà l'occasione per fare il suo ingresso sulla scena europea. Forte anche del suo ruolo di presidente del Partito dei conservatori e riformisti europei (Ecr). Prima di diventare la prima donna a guidare Palazzo Chigi, infatti, nel 2020 Meloni fu anche il primo italiano a essere indicato alla guida di un partito europeo. Ed è chiaro che questa posizione - e le relazioni costruite in questi anni - le saranno di grande aiuto nel battesimo del fuoco in Europa. Un'occasione in cui Meloni ribadirà le perplessità di Fdi sul Pnrr, peraltro già note da tempo. Anticipate da Fitto a maggio, quando l'allora co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento Ue replicò nella plenaria di Strasburgo all'intervento di Mario Draghi, auspicando una rivisitazione del Pnrr perché «con la guerra le priorità sono cambiate». Parole simili ha usato Meloni nelle sue dichiarazioni programmatiche in Parlamento. Concetti che ribadirà giovedì nei suoi incontri. Nella convinzione che serva ormai un «tagliando» al Pnrr, perché «è aumentato il prezzo delle materie prime» e «i contratti e i bandi non sono stati rinegoziati». Il timore, insomma, è che i prossimi bandi - quelli che riguardano i progetti che non sono ancora partiti - possano andare deserti, perché il Recovery plan «è stato scritto prima della guerra in Ucraina» e oggi «le condizioni sono cambiate».
Ieri Meloni ha sentito anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente ucraino Zelensky. Con il primo il colloquio è durato una quindicina di minuti e il premier ha fatto presente le perplessità sulla posizione della Germania sul fronte energetico (vedi il price cap). Con il secondo, Meloni ha invece ribadito il sostegno a Kiev (dove dovrebbe andare in visita appena ci saranno le condizioni di sicurezza necessarie).
Sullo sfondo, invece, le congratulazioni scritte - non c'è stato alcun contatto telefonico - arrivate da Vladimir Putin.
Con Mosca che non ha gradito il fatto che Palazzo Chigi abbia scelto di non dare comunicazione pubblica degli auguri del numero uno del Cremlino. Così, prima di cena, ci ha pensato l'ambasciatore russo in Italia, Serghei Razov, a far sapere che Putin «si è congratulato con Meloni» per «il suo nuovo incarico». Complimenti che non sembrano particolarmente sentiti.
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