"Meloni, Pd, 5s e sondaggi: vi dico cosa sta succedendo"

Federico Benini, direttore di Winpoll, analizza la situazione politica. E nel centrodestra prefigura uno scenario nuovo: "Sorpasso è questione di settimane"

"Meloni, Pd, 5s e sondaggi: vi dico cosa sta succedendo"

Giorgia Meloni passa all’incasso e punta alla conquista della leadership del centrodestra. Grazie a un sorpasso che è nell’aria, “questione di settimane”. Mentre il Movimento 5 Stelle “è in forte crisi” e nel Pd non c’è alcun effetto Letta. Federico Benini, direttore di Winpoll, con IlGiornale.it analizza i dati dei sondaggi a tre mesi dal governo Draghi. E per Renzi prevede un addio alla politica: “Non so se definitivo o provvisorio”.

Chi vince dopo tre mesi di governo Draghi?
"Fratelli d’Italia sicuramente vince. La Meloni ha puntato tutto sul fallimento di questo governo, non nel senso operativo, ma dei consensi. Quando Draghi si è insediato, due italiani su tre avevano fiducia nell’esecutivo. Il dato è calato di 10-15 punti e tendenzialmente si tratta di elettori del centrodestra. Dal momento che non appartiene alle forze di governo, Fratelli d’Italia ha delle praterie per poter crescere".

È immaginabile che Giorgia Meloni possa sfilare la leadership del centrodestra a Matteo Salvini?
"Dal punto di vista statistico, non mi sentirei di dire più che la Lega è il primo partito. Dagli ultimi sondaggi abbiano la Lega due punti davanti a Fratelli d’Italia, diciamo 21% a 19%. Ma c’è un margine di errore del 2,7%. Perciò Meloni potrebbe essere davanti a Salvini. E se il trend è questo, il sorpasso è questione di settimane. Avverrà molto prima della fine dell’anno".

E invece chi perde?
"La Lega, perché ha scommesso tutto sul successo di questo governo. Salvini è entrato in maggioranza per avere voce in capitolo sui miliardi di euro del Recovery plan e per il piano vaccinale. Ora cerca di mettere il cappello in testa al generale Figliuolo, ma non c’è la percezione che sia un merito della Lega il fatto che i vaccini stiano procedendo bene. Mentre per il Recovery plan, dal punto di vista mediatico, è stato tutto appannaggio di Draghi e del ministro dell’Economia. Salvini si è occupato più del coprifuoco, di Speranza, insomma di temi sostanzialmente marginali rispetto all’elemento centrale. Avrebbe dovuto ottenere risultati visibili per gli elettori leghisti. Ma non è avvenuto".

C’è una possibilità di cambiare questa tendenza?
"Il problema è che Salvini non è determinante per questa maggioranza, non rappresenta un surplus. C’è la percezione che sia un estraneo".

Mentre cosa accade alle altre forze di governo?
Ci sono due partiti filogovernativi, come Pd e Forza Italia, che beneficiano del fatto che sia Draghi a gestire tutto. Ai loro elettori va bene così. Hanno un vantaggio oggettivo da questa situazione di inerzia. A differenza del Movimento 5 Stelle, che sta andando male. È evidente che ci sia un elemento di insoddisfazione e ora non hanno alcun tipo di guida.

Ecco, quanto pesano gli scontri a carte bollate tra Casaleggio e 5 Stelle?
"È un elemento che contribuisce alla confusione totale in cui si trova l’elettore del Movimento 5 Stelle. Oggi non ha più punti di riferimento, c’è solo una serie di litigi che aumentano lo stato di caos. Attualmente il M5S è in forte crisi. L’unica ipotesi di reversibilità è legata a Conte: se riuscirà a riprendersi il partito e farne una forza moderata, vicina al centrosinistra, allora c’è la possibilità che possa essere competitiva. Ma non è ancora percepibile l’effetto-Conte, perché non è ufficialmente il leader. Anche per questo lo scenario politico si sta configurando in maniera simile a quello del 2006".

Un ritorno al bipolarismo, dunque.
"C’è un centrodestra che viaggia intorno al 50% e un mega centrosinistra, comprensivo dei 5 Stelle, con percentuali simili. Si sta affermando di nuovo un sistema bipolare. Ma per il centrosinistra c’è una difficoltà maggiore: non è riuscito a prosciugare il Movimento elettoralmente ed è costretto a sceglierlo come alleati".

Ma nel Pd c’è un effetto Letta o è un’illusione ottica?
"Il Pd con Zingaretti aveva recuperato cinque-sei punti percentuali. Renzi ha lasciato il Pd al 18%, Zingaretti lo ha portato al 20, ma con lo stesso Renzi e Calenda che erano usciti. E insieme valgono 4-5 punti. Questa percentuale è diminuita dopo le dimissioni di Zingaretti. Letta è tornato su quei livelli, ma non si vede un effetto-Letta, inteso come un valore aggiunto".

Il Pd non riesce ad andare oltre, insomma.
"La percentuale è quella, ed è ferma. C’è di più: se Conte diventerà il leader del Movimento 5 Stelle farà da ulteriore tappo alla crescita del Pd".

A sinistra invece ci sono tanti progetti, tanti partiti, ma pocho voti. C'è vita oltre il Pd?
"Tutto quello che sta a sinistra del Pd potrebbe contare su una figura nota, che è Roberto Speranza. Da ministro dalla Salute ha una sua visibilità e non è stato sostituito nel governo Draghi. Il punto è che occorre un passaggio politico: i piccoli partiti devono fare il ragionamento di unirsi intorno a un profilo popolare. In alternativa si può pensare alla vicepresidente dell’Emilia-Romagna, Elly Schlein. Ma per il ruolo di una sinistra di governo, l’unico che vedo davvero è Speranza. E in ogni caso stiamo parlando di uno spazio che difficilmente può superare il 5%".

Italia viva è in affanno, c'è un margine di crescita per Renzi?
"Oggi Renzi all’interno del centrosinistra non ha più spazio. Dagli ultimi sondaggi risulta all’interno del margine dell’errore (il 2%, ndr). Può valere lo 0,5% come il 2%. Sta diventando elettoralmente irrilevante, si sta sgonfiando mese dopo mese. Quando ha lanciato Italia Viva era al 6%, ora al 2%. Per il futuro ci sono margini molto ristretti".

E può rilanciarsi con un progetto capace di mettere insieme varie forze moderate?
"Non vedo Renzi come leader di questo raggruppamento. E se lui non fa il leader, giustamente si ritira. È stato segretario di un partito, portato al 40%, poi presidente del Consiglio: non può fare il vice di un partito che, se va bene, fa il 6%. Non avrebbe senso. Infatti molti suoi esponenti, anche al livello locale, vogliono tornare con il Pd. Credo che Renzi farà altro, come si evince dalle attività personali delle ultime settimane.

Vedo un suo abbandono, bisogna capire se definitivo o provvisorio, della politica. Ma non è una sorpresa: anche Gianfranco Fini, quando ha fatto Futuro e libertà, non ha avuto fortuna. Il destino di tutti i partiti nati da una scissione".

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