Giorgia Meloni gioca in trasferta. E per un giorno trasloca da Palazzo Chigi agli uffici del gruppo di Fratelli d'Italia alla Camera. Una scelta irrituale, con un via vai di ministri che dopo pranzo si presentano a Montecitorio per una prima riunione sull'autonomia differenziata e una seconda - non inizialmente in agenda - sul tema immigrazione, dossier delicatissimo anche in vista della riunione straordinaria dei ministri dell'Interno dell'Ue in programma a Bruxelles il 25 novembre. Sfilano i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, i ministri Matteo Piantedosi, Guido Crosetto, Francesco Lollobrigida e Roberto Calderoli. Da Bruxelles si collega in videochiamata pure Raffaele Fitto. E poi arrivano anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e il capo del Dis, Elisabetta Belloni. È a questo punto che si sparge la voce di una logistica così inusuale che potrebbe essere dettata da ragioni di sicurezza, magari una bonifica ambientale in corso a Palazzo Chigi. Mentre la spiegazione dell'inattesa trasferta negli uffici della Camera è molto più banale: nella sede del governo sarebbero infatti in corso lavori di ristrutturazione delle stanze riservate alla presidente del Consiglio, interventi decisi diversi mesi fa. Tanto che a sera, è proprio a Palazzo Chigi che si tiene la riunione sulla manovra tra governo e capigruppo di maggioranza.
Una giornata, dunque, durante la quale Meloni si muove su diversi fronti. Il cui comune denominatore politico è la sottile, ma costante e crescente tensione con la Lega. I primi segni di incomprensione, infatti, arrivano con il vertice sull'autonomia differenziata. Un tema caro a Salvini, che - peraltro - ha il problema del forte pressing interno del governatore veneto Luca Zaia. Calderoli spinge e si dice soddisfatto della riunione, ma il senso della posizione di Meloni sono le parole di Lollobrigida. «Lavoreremo in parallelo su autonomia e presidenzialismo, in modo da portare avanti i punti programmatici, includendo anche Roma Capitale», spiega il ministro dell'Agricoltura. Politicamente parlando, insomma, una gigantesca frenata al sogno leghista. Collegare i due obiettivi («allineare le questioni», per usare le parole di Meloni) significa infatti che sarà quasi impossibile per Salvini portare a casa l'obiettivo di incassare l'autonomia differenziata entro il 2023. D'altra parte, il tema è evidentemente sensibile, tanto che Fitto sono giorni che da Bruxelles ribadisce come l'intenzione sia muoversi «nell'ambito della Costituzione». Certamente, spiega il ministro per gli Affari regionali e il Pnrr, con provvedimenti che «non puntano assolutamente a dividere il Paese».
Sempre sottotraccia, peraltro, si va consumando un'altra tensione. Quella sull'immigrazione, con il vertice del pomeriggio che - raccontano i presenti - è un momento per «fare il punto della situazione». La Francia, però, continua a polemizzare sul caso Ocean Viking e parla di «brutto gesto» da parte dell'Italia e il timore è che la riunione straordinaria dei ministri dell'Interno di venerdì prossimo finisca, bene che può andare, in un nulla di fatto. Tanto che, raccontano da Bruxelles, il governo italiano avrebbe preferito affrontare il dossier in riunioni non politiche, ma tecniche (per esempio il Coreper, il Comitato che riunisce gli ambasciatori dell'Ue).
Infine, con la Lega non ci sarebbe stata troppa sintonia neanche sul fronte manovra. E non solo perché Salvini ha la sensazione che il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, si muova in autonomia rispetto alle indicazioni di partito. Nella riunione di ieri sera a Palazzo Chigi, infatti, non ci sarebbe stata sintonia su come rinnovare lo sconto sulle accise, troppo oneroso per lo Stato e da rimodulare.
Sul reddito di cittadinanza, invece, tutti d'accordo con la linea dura di Meloni.
Che annuncia «verifiche» e ipotizza di «toglierlo totalmente» fra sei mesi a chi «è occupabile». L'obiettivo, insomma, è una distinzione netta tra occupabili e no, con controlli serrati sui percettori per stoppare ogni genere di abuso.
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