Meloni negli Emirati: sul tavolo guerra in Ucraina e dossier Libia

Come in India, anche ad Abu Dhabi la premier chiederà ai "neutrali" di favorire la pace. Le intese tra Eni e Adnoc

Meloni negli Emirati: sul tavolo guerra in Ucraina e dossier Libia

Abu Dhabi. Due visite nel continente asiatico tra India ed Emirati Arabi Uniti, cinque giorni di viaggio, un'agenda degli incontri istituzionali riservatissima e nessun contatto con la stampa (se non pochi minuti a New Delhi per le dichiarazioni congiunte con il premier Narendra Modi, appuntamento imposto dal protocollo, con i giornalisti a debita distanza e comunque senza domande). Ancora una volta, per le sue trasferte all'estero Giorgia Meloni sceglie di muoversi con grande discrezione, al punto che non è dato sapere cosa la premier italiana abbia fatto per metà della giornata di ieri. Partita dall'India di prima mattina, è atterrata poco dopo pranzo all'aeroporto internazionale di Abu Dhabi, dove ha avuto un incontro con il ministro dell'Industria degli Emirati, Sultan Al Jaber. Poi dritti verso lo splendido Emirates Palace Mandarin Oriental, un albergo che per la sua imponente struttura conta ben 114 cupole e 1.002 lampadari ricorda un palazzo da fiaba araba. Pomeriggio e serata sono invece dedicati a impegni privati, ed è probabile che la premier abbia voluto passare un po' di tempo con la figlia Ginevra, che come accade al G20 di Bali ha voluto con sé in questa trasferta piuttosto lunga. L'incontro con il presidente degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, è invece previsto per questa mattina. Sul tavolo la firma di una dichiarazione d'intenti sul partenariato strategico, una dichiarazione sulla cooperazione nell'ambito della Cop28 e un accordo tra l'Eni (sarà presente anche l'ad Claudio Descalzi) e l'Abu Dhabi National Oil Company, intesa che coprirà molteplici ambiti della transizione energetica.

La visita negli Emirati Arabi Uniti è anche l'occasione per ricucire le relazioni diplomatiche tra Roma e Abu Dhabi dopo la crisi del 2021, quando il governo di Giuseppe Conte decise il blocco all'export dei prodotti di difesa. L'allora premier, sostenuto dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, negò infatti agli Emirati una fornitura di armi già accordata e i ricambi per la pattuglia aerea acrobatica nazionale. Circostanza che innescò un'escalation che portò alla chiusura della base italiana all'aeroporto di al Minhad, pilastro logistico per il supporto delle nostre missioni in Irak e Corno d'Africa. E che culminò nella decisione delle autorità di Abu Dhabi di impedire il sorvolo al Boeing 767 della nostra aeronautica militare diretto a Herat per la cerimonia della conclusione della missione italiana in Afghanistan.

Una crisi, quella del 2021, che gli Emirati Arabi Uniti non hanno ancora dimenticato, tanto che la questione è stata oggetto anche delle interlocuzioni degli ultimi giorni tra le due diplomazie. L'intenzione di Meloni accompagnata dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani (che ieri ha visitato la Casa della famiglia abramitica, una struttura composta da una moschea, una sinagoga e una chiesa e che simboleggia l'importanza del dialogo interreligioso) è quella di lasciare le incomprensioni del passato alle spalle. Non solo perché l'Italia è il principale partner commerciale degli Emirati nell'Ue con oltre 600 imprese italiane che operano nel Paese del Golfo Persico, ma anche perché Abu Dhabi (che ha storicamente un canale diretto con il generale Khalifa Haftar) può avere un ruolo centrale nella stabilizzazione della Libia, tema molto caro al governo italiano anche in chiave migranti. Sul tavolo ci sarà anche la questione Ucraina, con Meloni che è intenzionata a seguire lo stesso approccio avuto con Modi.

Nessuna pretesa, insomma, che gli Emirati abbandonino la loro neutralità, ma la richiesta di «agire» per le vie diplomatiche affinché Mosca e Kiev possano finalmente aprire un canale di dialogo con l'obiettivo di mettere fine alla guerra.

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