Mittal pronto a trattare. Ma i pm fanno a gara a indagare l'azienda

Le Procure di Milano e di Taranto inviano la Finanza. Il rischio di una «mini Ilva»

Mittal pronto a trattare. Ma i pm fanno a gara a indagare l'azienda

Una trattativa tutta in salita direttamente con la proprietà, ma con uno slalom tra le questioni giudiziarie e la possibile concorrenza tra due procure. Ieri, mentre il governo tentava un percorso di intesa con ArcelorMittal, la guardia di finanza, delegata sia dalla Procura di Taranto che da quella di Milano, ispezionava gli uffici dell'acciaieria nel capoluogo lombardo e lo stabilimento in Puglia, in cerca di elementi che comprovino una delle ipotesi «ad ampio raggio» messe in campo. A Taranto la distruzione di materie prime con danno all'economia nazionale, a Milano la distrazione di beni e l'aggiotaggio, ipotesi quest'ultima relative a comunicazioni esageratamente positive al mercato (ma ArcelorMittal non è quotata a Milano). Al centro delle verifiche il magazzino con materiali per 500 milioni di euro di valore che sarebbe stato svuotato. Con l'ex Ilva sottoposta a procedura fallimentare, sarebbe così stata «pilotata» una crisi dell'azienda diminuendone il valore. Due dirigenti sono stati interrogati e il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano ha acquisito documenti. Ma siamo ancora alla pesca giudiziaria «a strascico». E il fatto che l'intervento delle procure e la moral suasion del presidente Mattarella (ieri intervenuto per sottolineare che «una soluzione per l'Ilva è una priorità per l'economia e il lavoro in Italia») abbiano indotto l'azienda a frenare sullo spegnimento degli altoforni non induce a particolare ottimismo. Un gesto di buona volontà, considerato che Aditya Mittal, il figlio del magnate dell'acciaio Lakshmi Mittal è andato a Roma per preparare con il governo italiano l'incontro di venerdì. Ma anche una mossa per sfruttare il caos giudiziario. Il tribunale civile di Milano ha fissato un'udienza per il 27 novembre per esaminare il ricorso dei commissari straordinari dell'ex Ilva contro lo spegnimento degli impianti. L'azienda ha accettato l'invito a proseguire l'attività (non un'ingiunzione), consapevole che nel frattempo ci sarà una pronuncia sulla richiesta opposta delle toghe di Taranto: chiudere l'altoforno 2 per violazioni della sicurezza. Strategia studiata con lo studio legale numero uno del settore in Italia (Gianni, Origoni, Grippo), mentre i commissari si sono rivolti a Freshfields, Bruckhaus, Deringer, studio internazionale quotato, ma soprattutto nel settore finanziario.

Nel frattempo ArcelorMittal manda avanti la procedura di dismissione di ramo d'azienda (diffidata per lettera dai commissari) e convoca i sindacati i quali declinano, invocando un errore formale e chiedendo un ripensamento. «Noi riteniamo che si sia riaperto da ieri uno spiraglio di speranza», dice la segretaria generale della Cisl Anna Maria Furlan.

Il rischio, anche se si trovasse l'intesa, è che approdi solo a una mini Ilva senza area a caldo, meno strategica e con 5.000 esuberi. Il governo studia ammortizzatori sociali «speciali» con l'intervento di partecipate pubbliche. Ma sarebbe comunque un duro colpo per il sistema industriale.

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