La moda è come un sogno. Così sfila il bianco Valentino

Un progetto digitale nato da un dialogo tra il direttore creativo Pierpaolo Piccioli, e l'artista Nick Knight

La moda è come un sogno. Così sfila il bianco Valentino

L'uscita dal regno del sogno è a metà strada tra un pugno e una carezza come tutto ciò che ha scritto Pier Paolo Pasolini. Dalle insondabili profondità del nero digitale emergono una alla volta le parole della frase: «Non vogliamo essere subito già così senza sogni». Sembra scritta oggi, o meglio nei tristi giorni del lockdown e invece è tratta da Lettere Luterane, una raccolta di articoli del 1975, l'anno della morte di Pasolini. Siamo avvolti in un buio quasi tangibile, incantati dalle immagini appena viste ma anche scossi da questa verità quando si accendono le luci e in scena compaiono 15 gigantesche figure femminili tutte vestite di bianco. «Sono alte da 4 a 5 metri ciascuna, una ha addosso 400 chilometri di ruche» spiegherà dopo Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino e artefice con il fotografo Nick Knight della straordinaria performance intitolata Of Grace and Light con cui ieri è stata presentata l'alta moda del prossimo inverno nello studio 10 di Cinecitta. Siamo nel cuore della fabbrica dei sogni all'italiana, dove Fellini fece ricostruire Venezia per il suo Casanova e tutti i fondali di cartapesta per Amarcord. Qui William Wyler girò l'emozionante corsa delle bighe di Ben Hur, ma se questa è storia del cinema, quel che abbiamo visto ieri è già diventato storia della couture. «Volevo rimettere al centro la moda e soprattutto le donne, qualcosa che segnasse un nuovo inizio» esordisce Piccioli dopo un finale pieno di pathos perchè l'immagine di un uomo che si fa piccolo e quasi scompare ai piedi delle donne è altamente simbolica ed evocativa. Lui per altro non riesce quasi a staccare gli occhi dalle sue modelle: 15 gigantesche creature tra cui si riconoscono le due top model italiane più amate del mondo (Maria Carla Boscono e Vittoria Ceretti) e la pelle color dell'ebano di Aduta Akech. Lei ha potuto partecipare a questo progetto solo perchè aveva già fatto la quarantena prevista per i viaggiatori provenienti dagli Stati Uniti. «Abbiamo rispettato tutte le indicazioni per il distanziamento sociale, ma volevo uno scarto tra l'immagine digitale e la realtà, volevo un pubblico di addetti ai lavori: veri critici» spiega Pier Paolo raccontando poi di aver chiesto al fotografo e regista britannico di entrare nel processo creativo per valorizzare al massimo l'aspetto onirico della couture.

Ecco quindi che sugli abiti bianchi vengono proiettati colori e immagini di rara bellezza a volte con la tecnica del croma key, più spesso con le magiche composizioni digitali che poi esplodono in innumerevoli pixel.

Il bello è che la tecnologia delle riprese come quella delle creazioni sartoriali viene volutamente nascosta dall'epica della narrazione. Gli abiti volano, fluttuano nell'aria, tintinnano, si scompongono e poi tornano al loro posto sul corpo delle donne. Visto che si tratta di un nuovo inizio tra le immagini che vengono proiettate si riconoscono spesso i quattro elementi perchè acqua, aria, terra e fuoco aprono in tutte le iniziazioni le porte segrete della percezione. Gli chiediamo cosa farà se una delle tante ricchissime clienti dell'alta moda Valentino gli chiederà di dipingere le fiamme dell'inferno oppure le onde degli oceani sull'incredibile modello ricoperto da un drappeggio plissè orizzontale. «Se siamo riusciti a fare quello, possiamo affrontare qualunque difficoltà» risponde ridendo. Una collega gli chiede se i modelli bianchi citano in qualche modo la celeberrima collezione bianca di Valentino nel '68, quella che suggella la sua amicizia con Jackie Onassis.

Lui ammette di adorare la purezza di quelle linee e la perfezione dei tagli. Stavolta però voleva ridare alle donne il sogno. Vestendole di luce e poesia in un mondo costretto a fare i conti con un'orrenda realtà chiamata pandemia.

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