Tra moneta unica ed egemonia cinese Il vertice dei Brics parte già in salita

Oggi via al summit: Lula vuole una valuta comune, Xi detta la linea ma India e Sudafrica temono gli Usa. Putin (ricercato) collegato in tv

Tra moneta unica ed egemonia cinese Il vertice dei Brics parte già in salita
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Le 5 più importanti economie emergenti provano a creare un'idra a più teste, che già litiga sulla posizione da assumere: Pechino e Brasilia vorrebbero dare all'ircocervo Brics le sembianze di organismo rivale delle potenze democratiche e sulla carta più ricche, quelle del G7: «Se espanderemo il gruppo formato da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica la nostra voce sarà più forte», dice al Financial Times un funzionario cinese alla vigilia del vertice che si apre oggi a Johannesburg. India e Sudafrica non vogliono invece lanciare provocazioni a Washington. Naledi Pandor, ministra sudafricana, è contraria a espandere i Brics in chiave anti-occidentale.

Nel giallo della discussione alla vigilia di uno dei vertici annuali più importanti degli ultimi mesi, è Pechino a definire il Brics un meccanismo «aperto e inclusivo», e non Mosca, dando l'immagine plastica di equilibri geopolitici mutati a causa della guerra tra Ucraina e Russia, mostrando un indebolimento sullo scacchiere del Nº1 del Cremlino. Il presidente cinese, arrivato ieri a Johannesburg, prova a rubare la scena a Putin nel Continente nero. A causa del mandato d'arresto della Cpi (a cui il Sudafrica aderisce) lo zar è rimasto confinato nella Federazione; sarebbe stato arrestato. Sostituito dal ministro Lavrov che si limita ad appoggiare il processo di «espansione» del Dragone e la cooperazione con i paesi africani. Putin parteciperà da remoto, mentre Pechino lavora alla fine del mondo dollarocentrico con il presidente brasiliano Lula che, sul piatto, mette una moneta alternativa a quella dello zio Sam per scambi tra membri del club. L'elenco dei partecipanti al summit Brics-Africa Outreach è di 46 nomi (i leader al tavolo rappresentano circa il 40% della popolazione mondiale), compreso il segretario Onu Guterres e l'ex presidente brasiliana Dilma Rousseff, oggi capo della New Development Bank, l'istituto di credito creato dal club Brics nel 2014. Controcorrente si schiera il Marocco, che smentisce l'adesione all'anti-G7, e non parteciperà all'incontro, in polemica col Sudafrica, accusandolo di manovre che minano l'integrità territoriale del Regno di Muhammad VI. Gli ingredienti per creare un'alternativa al G7 ci sarebbero. Ma la fattibilità del progetto di nuovo ordine mondiale si scontra con antipatie consolidate e Paesi sul chi vive per l'attivismo cinese. Xi disegna un nuovo multipolarismo idealmente in grado di contrastare il fronte guidato da Washington, ma solo 5 Paesi arabi (Arabia Saudita, Emirati, Bahrein, Algeria, Egitto) hanno già chiesto di aderire al gruppo. Il pressing per la de-dollarizzazione del mercato globale è all'inizio. La nuova valuta consentirà solo sulla carta maggiori scambi tra Brasile e Sudafrica «senza dipendere dalla valuta di un Paese terzo», cioè sganciata dal dollaro. Un conto è svincolarsi da Washington, altro è far funzionare un modello attorno a cui non c'è unanimità.

L'anti-G7 è solo embrionale. Più avanzata l'espansione del club, che stando alle recenti dichiarazioni del consigliere ucraino più ascoltato da Zelensky, Podolyak, non dispiacerebbe troppo neppure a Kiev: una Cina che prova a scacciare l'influenza globale degli Usa indebolisce Mosca. Ma con Pechino in deflazione e fiaccata dalla bolla immobiliare, la Cina, da star potrebbe essere l'inciampo a sorpresa.

L'arrivo ieri a Johannesburg di Xi sembra più una richiesta di Sos, a pochi giorni dall'incontro di Camp David: un successo di Biden culminato col j'accuse nippo-coreano del «pericoloso comportamento» della Cina nell'Indo-Pacifico.

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