Venerdì la condanna a un anno e sei mesi per peculato che diventa definitiva, ieri le dimissioni. Augusta Montaruli non è più sottosegretaria al ministero dell'Università. La deputata di Fdi, condannata in uno dei filoni della rimborsopoli piemontese per l'uso improprio dei fondi dei gruppi quando era consigliere regionale, tra 2010 e 2014, fa un passo indietro dopo la conferma di quella sentenza in Cassazione, pur ribadendo la propria innocenza e non rinunciando a una vena polemica. «Ho deciso di dimettermi dall'incarico di Governo per difendere le istituzioni certa della mia innocenza», spiega annunciando le sue dimissioni e ricordando di non essersi mai sottratta al giudizio della magistratura, ma appunto ribadendo di non sentirsi colpevole: «Mi riservo ribadisce infatti - di valutare l'opportunità di un ricorso alla Corte di Giustizia Europea». Nonostante l'assoluzione, la successiva condanna e la conferma della seconda sentenza in Cassazione, Montaruli dice infatti di avere «la serenità di poter dire che non ho causato alcun ammanco alle casse pubbliche né altro danno alla pubblica amministrazione e ai cittadini». E l'esponente di Fdi ricorda ancora come «anche da un punto di vista istituzionale ho provveduto, a partire dal 2012, ad autoescludermi da ogni candidatura per ben cinque anni ed in ogni caso fino alla prima sentenza di assoluzione». Ora la decisione, l'unica possibile, secondo l'ormai ex sottosegretaria, in quanto «se ciò non avvenisse spiega - sarei come coloro che vorrebbero demolito il senso dello Stato, rendendolo debole con una ricerca costante di una giustificazione alle proprie azioni, sentendosi moralmente superiori o cercando di piegare le norme ai comportamenti». Montaruli manda poi una frecciata a chi ieri, a caldo, ha reclamato le sue dimissioni, arrivate comunque dopo poche ore: «Non so francamente come facciano scrive nel comunicato - coloro che non essendo esenti dalle medesime responsabilità politiche se ne sono sottratti per tutti questi anni, nascondendosi nel silenzio o addirittura oggi parlandone a sproposito. Ciò nonostante non ho mai paragonato la mia vicenda a quella di altri per cui stranamente non è mai iniziata: non dovevo essere io ugualmente alleviata ma loro sottoposti allo stesso metro di giudizio. Non sono mai scappata. Non lo farò ora». Il veleno nella coda è rivolto a chi due giorni fa aveva gridato allo scandalo dopo la conferma della condanna, dai Cinque Stelle a Bonaccini, ma l'obiettivo è anche il fuoco amico.
A chiarirlo ci pensano «fonti autorevoli» di via della Scrofa, criticando l'invito arrivato dal vicepresidente della Camera di Fi, Giorgio Mulè, a Fdi, affinché traesse le conseguenze sul caso Montaruli. «Mulè commentano da Fdi con l'Adnkronos - pensava di metterci in difficoltà con le sue provocazioni: ha preso uno schiaffo morale dalla Montaruli la cui impronta gli manterrà la faccia ben più rossa di quanto rubiconda già sia. Che provocatorie insinuazioni vengano da un personaggio come Mulè, che di pregiudicati eccellenti nel suo partito ne vanta più di uno, è intollerabile». Un chiarimento che rende più esplicito anche il riferimento fatto da Montaruli a chi, per le conseguenze della sua stessa vicenda giudiziaria, «la vita se l'è tolta davvero», l'ex assessore regionale di Forza Italia, Angelo Burzi. Fdi comunque, con i capigruppo Tommaso Foti e Lucio Malan plaude alla «decisione generosa e spontanea» dell'ex sottosegretario che, «pur non avendo alcun obbligo a riguardo - tantomeno di legge - ha deciso di rassegnare le dimissioni».
«Gli avvoltoi, che pensavano di poter speculare politicamente e personalmente su una vicenda che ha toccato tanti, anche tra coloro che si erigono a censori, e colpito pochi, sono serviti», concludono Foti e Malan: «A Fratelli d'Italia la morale non la fa nessuno, tantomeno la sinistra del professionale malcostume».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.