Gianfranco Fini e la casa di Montecarlo. Non si arrestano le rivelazioni dopo la decisione della Dda di Roma di iscrivere nel registro degli indagati Elisabetta Tulliani, moglie dell'ex presidente della Camera. Amedeo Laboccetta, ex deputato Pdl e amico di Corallo, è certo che Fini non sia né "un allocco, né il coglione che vuol far credere. Sapeva tutto della casa di Montecarlo pagata da Corallo. Ora deve confessare".
La vicenda scotta. Eccome. Nei giorni scorsi Fini si era auto-definito un "coglione", continuando a ripetere - come fatto nei giorni in cui scoppiò la vicenda - la sua estraneità ai fatti contestati. Al centro della questione c'è la casa che Alleanza Nazionale aveva ricevuto in eredità e che è stata comprata nel 2008 da Giancarlo Tulliani, cognato di Fini, per appena 300mila euro e poi rivenduta nell'ottobre del 2015 a 1,3 milioni di euro. Secondo gli inquirenti una parte di questi soldi di plus valenza, ovvero 739mila euro, sarebbero finiti nelle tasche di Elisabetta Tulliani.
La torbida vicenda si colora poi dei rapporti tra Tulliani e l'ingegnere Corallo. Storie di bonifici e regalie che hanno portato i pm a ipotizzare che Corallo, oltre all'acquisto della casa di Montecarlo, possa averne pagato anche i lavori di ristrutturazione. Ora a raccontare la "sua verità" in una intervista al Tempo è appunto Amedeo Laboccetta, finito in carcere il 13 dicembre scorso (e poi liberato) dopo aver ricevuto accuse di associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla sottrazione fraudolenta del pagamento delle imposte. "Conosco da una vita Gianfranco Fini.- dice al Tempo - Vuol far credere di essere un allocco o un coglione, come lui stesso si è definito. Ma ritengo che non lo sia affatto, almeno in certi tipi di rapporti". Sul piano politico sì, "sprovveduto e ingenuo", ma non su altri: "Non è quello che è riuscito per tanto tempo a camuffare con gli italiani. È un’altra persona Fini, tutto da scoprire".
Che i Tulliani volessero una casa a Montecrarlo, dice Laboccetta, era palese da tempo. "Me lo dicevano nei vari incontri a casa sua - spiega - ai quali ho partecipato. Sapevo di questo pro getto, ma non sapevo che le loro mire fossero sull'appartamento di proprietà del nostro ex partito. Evidentemente Fini avrà suggerito ai suoi familiari che c'era questa opportunità e allora è scattato questo secondo piano, che poi si è realizzato". E sebbene l'ex leader di An si dica estraneo, secondo Laboccetta "sapeva tutto": "Lo sapeva perfettamente - dice l'ex deputato - Fini sa tutto di questa storia. Deve confessare, deve raccontare la verità. Inutile che fa ancora questi atti di ridicola resistenza. Spiegasse questo grave errore della sua vita. Visto che la sua storia politica è finita, racconti tutto oramai".
Poi, dopo aver definito Fini un "incapace, oltre che una persona inaffidabile", Laboccetta racconta un ultimo particolare, nuovo episodio di una saga che sembrava conclusa e che invece si è riaperta per volontà dei pm. "Fini - conclude Laboccetta - tentò di convincermi ad acquistare, per conto di Corallo, un immobile a Roma che mi veniva proposto dalla società di suo cognato.
Io non l'ho fatto perché era un immobile che non aveva le condizioni di presentabilità e Fini se n' è pesantemente risentito. Tra l'altro me l' aveva presentato durante un pranzo al circolo Antico Tiro al Volo dicendomi che era un amico. Poi scoprii io, dopo qualche giorno, che era il cognato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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