Il nome di Giuseppe Conte nel simbolo del M5s? No, grazie. Il «gran rifiuto», stavolta, arriva direttamente dal fondatore del Movimento, Beppe Grillo. Con buona pace di chi pensava che tra il Garante e l'avvocato di Volturara Appula fosse tornato il sereno dopo l'accordo economico tra il partito e Grillo, un patto che ha consegnato a quest'ultimo il ruolo di consulente dei 5 Stelle, per la bellezza di 300mila euro all'anno. E invece non tutto è così semplice, nella galassia pentastellata. Per far saltare il comico dalla sedia della sua villa genovese di Sant'Ilario è bastato un lancio d'agenzia di qualche giorno fa. In cui il vice di Conte, il senatore Mario Turco, annunciava un «rebranding» del M5s. Con tanto di simbolo rinnovato e nome del leader in bella vista. Così, mentre si concretizzavano i fantasmi di tanti parlamentari sul «partito di Conte», Grillo è stato costretto ad alzare la cornetta del telefono per rimproverare l'ex premier
Nel Movimento raccontano di uno scambio molto teso tra i due, una telefonata infuocata durante lo scorso weekend. «Il M5s non può diventare un partito personale», è il contenuto degli sfoghi del Garante raccontati da chi continua a sentirlo. Per Grillo, infatti, il nome del leader nel simbolo equivarrebbe a «un tradimento della storia del M5s». Il non-partito dell'uno vale uno che sfoggia il cognome del capo nel logo è una nemesi troppo dura da accettare perfino per chi, come Grillo, ha benedetto l'entrata al governo degli stellati insieme all'ex banchiere Mario Draghi. E poi bisogna ricordare che fu proprio il fondatore, poco meno di un anno fa, a bollare Conte come un leader che «non ha visione politica, né capacità manageriale».
Però il No di Grillo si può motivare anche come il tentativo di non rinunciare a un'arma di pressione nei confronti della leadership del M5s. Sulla paternità delle Cinque Stelle e della scritta Movimento c'è una diatriba legale che non è mai stata chiarita, anche se il Tribunale di Genova aveva stabilito, a novembre del 2019, che il proprietario del marchio fosse Grillo. Comunque, il Garante ha continuato sempre a usare il simbolo come una fiche da giocare al tavolo delle trattative interne con Conte e Luigi Di Maio. Grillo non vuole rinunciare al logo, né tantomeno intende consentire che diventi il brand di un «partito personale» tutto contiano in vista delle elezioni politiche del 2023.
Un appuntamento elettorale a cui Conte
rischia di arrivare tra mille difficoltà interne. Ieri - come riportato dall'Adnkronos - l'ormai ex grillino Dino Giarrusso ieri batteva il Parlamento alla ricerca di deputati e senatori da arruolare nel suo nuovo movimento.
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