Per non scontentare l'Europa il governo abbassa le stime del Pil

Un Consiglio dei ministri sul nuovo Def Renzi: "Noi siamo stati prudentissimi". La crescita si fermerà allo 0,8%. Il deficit salirà al 2%, più uno 0,4% di flessibilità

Per non scontentare l'Europa il governo abbassa le stime del Pil

Consiglio di ministri notturno, in perfetto stile Prima repubblica convocato ieri alle 21, iniziato con un'ora di ritardo e finito venti minuti dopo. All'ordine del giorno un unico punto: approvazione della nota di aggiornamento del Def. Atto dovuto e parte integrante della sessione di bilancio. Solo che il Documento di economia e finanza presentato ad aprile si è rivelato troppo ottimistico e il governo si è ritrovato a dovere ricompilare tutte le previsioni in senso peggiorativo. Il Pil (cioè misura della ricchezza prodotta nel Paese) giù, debito e deficit su.

Nessuna buona notizia, quindi. Novità da tenere il più possibile sottotraccia anche perché il Def è un'autovalutazione tecnica da consegnare alla Commissione europea che la usa per giudicare la legge di Bilancio che il governo approverà a breve e ultimamente i rapporti tra Roma e Bruxelles non sono idilliaci.

Le ultime indiscrezioni prima del consiglio dei ministri di ieri confermavano la revisione al ribasso del Pil, sia per quest'anno sia per il prossimo. Le cifre messe nero su bianco sono ancora più caute. «Oggi è San Prudenzio, siamo stati prudentissimi», ha commentato il premier Matteo Renzi in conferenza stampa.

Per l'anno in corso la crescita si dovrebbe fermare allo 0,8%. Quella del prossimo anno, all'1% programmatico, quindi considerando la spinta delle riforme. Il tendenziale, quindi al netto delle politiche per la crescita, sarebbe allo 0,5% (ieri notte il documento non era ancora disponibile). Nel Def di aprile la crescita programmatica era dell'1,4%. Il peggioramento c'è e l'intervento del governo per migliorare di qualche decimale e le previsioni non è andato a buon fine.

La minore crescita ha un impatto sul deficit. Quello del prossimo anno, sul quale arriverà il giudizio della Commissione europea, si attesterebbe al 2%. Considerando la spesa extra che il governo conta di incassare, sale al 2,4%. È la famosa flessibilità. Ed è questo il dato che la Commissione europea aspetta per promuovere o bocciare l'Italia.

Le cose si sono messe male da un po' per i conti italiani. Tramontata la possibilità di ottenere di nuovo la flessibilità che ci era stata accordata l'anno scorso, quella legata alle riforme e agli investimenti, il governo ha puntato tutto sulle spese extra per migranti e terremoto. Sette miliardi che hanno fatto penare fino all'ultimo ministro e tecnici addetti ai rapporti con l'Europa. Con Pier Carlo Padoan attento a non scontentare Bruxelles e il premier Matteo Renzi convinto che almeno quella flessibilità l'Italia se la debba prendere anche senza il permesso.

Le trattative tra l'esecutivo europeo e Roma sono andate avanti anche ieri. Bruxelles ha dato il suo via libera ad un deficit al 2%, ma comprensivo delle spese per terremoto e migranti. L'Italia dà invece per acquisito il deficit sopra i due punti e cerca di arrivare al 2,4%. Dopo il no a prolungare la flessibilità per riforme e investimenti, un rifiuto sulle due emergenze, anche parziale, sarebbe una grave sconfitta per il premier e per il governo.

Ma il vero giudizio sull'Italia arriverà dopo il 15 ottobre. Quando il governo avrà consegnato all'Europa la legge di Bilancio e la Commissione europea avrà due settimane di tempo per decidere se approvarla o rispedirla indietro. Una valutazione tecnica, ma anche politica.

Ed è su questo che il governo italiano conta, unica possibilità per ottenere un via libera che, interpretando le regole europee in modo rigoroso, sarebbe impossibile. Il Def «prudentissimo» di ieri è un gesto di pace con la Ue.

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