"Il ministero dell'Economia si svegli e intervenga immediatamente". A svelare il cavillo, che permette a decine di migliaia di immigrati di non pagare un centesimo di tasse, è il deputato leghista Paolo Grimoldi. Esiste, infatti, una norma che consente agli stranieri di ottenere le detrazioni di imposta anche per i parenti a carico residenti all'estero. "Alla faccia di quei fessi degli italiani che invece le tasse le devono pagare tutte e sono sottoposti a mille controlli", commenta l'esponente del Carroccio.
Nel testo delle istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche, aggiornato con provvedimento dell'11 aprile 2017, a pagina 18, punto 4, si precisa che "sono considerati familiari fiscalmente a carico i membri della famiglia che nel 2016 hanno posseduto un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili". Quindi, dodici righe più sotto, si aggiunge che "possono essere considerati familiari a carico, anche se non conviventi con il contribuente o residenti all'estero: il coniuge non legalmente ed effettivamente separato; i figli (compresi i figli, adottivi, affidati o affiliati) indipendentemente dal superamento di determinati limiti di età e dal fatto che siano o meno dediti agli studi o al tirocinio gratuito".
In questo modo, non potendo controllare nei Paesi di provenienza africani, asiatici o sudamericani, l'effettiva presenza o meno di questi familiari a carico, a causa della mancanza di uffici anagrafe, agli immigrati basta presentare un'autocertificazione per ottenere questi sgravi fiscali e non pagare un euro di tasse.
"Un'ingiustizia palese - tuona Grimoldi - un danno per il nostro erario e una beffa per i contribuenti italiani che, con le loro tasse, devono mantenere in piedi tutta la baracca pubblica, inclusi quei servizi di welfare di cui usufruiscono anche gli immigrati".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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