Ogni giorno, due innocenti ricevono la visita delle forze dell'ordine e vengono arrestati. Ingiustamente. Benvenuti in Italia, paese in cui le indebite detenzioni e gli errori giudiziari raggiungono vette inesplorate. E dove i magistrati che sbagliano non pagano mai. È questa la triste fotografia che si sviluppa leggendo le 45 pagine della relazione annuale del ministero della Giustizia relativa all'anno 2023 e inviata al Parlamento. Sono numeri horror che confermano un drammatico trend che va avanti ormai da decenni. Basti pensare che dal 1991 sono state oltre 30mila le vittime della malagiustizia, con un costo medio annuo per lo Stato, e quindi per noi cittadini, di 30 milioni di euro e un totale di quasi un miliardo di euro. Un problema colossale che rimane costante nel tempo, senza possibilità e volontà di emendamento. Nel 2023 ci sono stati 1120 procedimenti per ingiusta detenzione e le ordinanze di pagamento sono state 619 (rispetto alle 539 dell'anno precedente) per complessivi euro 27.844.794. Il dossier di via Arenula prende in esame anche il periodo 2018-2023 in cui sono state risarcite 4.368 vittime di malagiustizia per un totale di 193 milioni di euro. Numeri abnormi che calano drasticamente se si guardano le sanzioni disciplinari comminate ai danni delle toghe che hanno commesso un errore. Nel 2023 sono state promosse soltanto sette azioni disciplinari di cui quattro per iniziativa del Procuratore generale della Cassazione e tre per volere del ministro della Giustizia. Sono tutti procedimenti ancora in corso di cui non si conoscono gli esiti, ma basta volgere lo sguardo al passato per capire come andrà a finire. Dal 2017 al 2022 infatti le 87 azioni disciplinari che sono partite nei confronti dei giudici caduti in errore sono terminate così: 27 assoluzioni, 44 non doversi procedere, 8 censure, 1 ammonimento. Briciole. E il quadro si fa ancora più tragico se si sposta la disamina sul piano del danno erariale dove negli ultimi 30 anni soltanto un giudice, Giuseppina Alfinito del tribunale di Salerno, ha pagato circa 10mila euro per aver disposto gli arresti domiciliari nei confronti di un innocente e senza che vi fosse la richiesta del pubblico ministero. Una pecora nera dentro una mole di errori giudiziari e di colleghi che restano immuni da punizioni. Una situazione che avviene sostanzialmente perché canis canem non est: la Corte d'Appello non invia alla Corte dei Conti gli atti fondamentali per aprire l'istruttoria e così sopra gli errori commessi cala il tappeto. Ma questa è un'altra storia. Tornando alla relazione del ministero della Giustizia, emerge poi che tra il 2018 e il 2023 il 72,2% delle domande di risarcimento per ingiusta detenzione sono state accolte a seguito di sentenza di assoluzione, proscioglimento, archiviazione, quindi per accertata estraneità della persona ai fatti contestati. Per il 28% dei casi invece la custodia cautelare era del tutto illegittima. Sul primo gradino del podio dei distretti che hanno elargito maggiori indennizzi troviamo Reggio Calabria con 8.019.396 di euro, seguita da Palermo con 3.845.580, e da Roma con 2.626.240. Si evince infine un utilizzo spropositato delle misure cautelari personali coercitive. Delle 82.035 emesse nel periodo di riferimento, una su tre è stata carceraria (31%), mentre una su quattro è stata quella degli arresti domiciliari (25%). In sostanza, le misure più limitative seguitano ad essere le più ricorrenti e allo stesso tempo rimane molto alta la percentuale di misure restrittive della libertà personale che non avrebbero dovuto essere messe in atto.
I Gip sono quelli che si avvalgono della misura carceraria con elevata frequenza (34,3%), che risulta quasi doppia rispetto a quella utilizzata dal giudice dibattimentale (18,4%). Il record del 2023? Va al Tribunale di Napoli, dove la custodia cautelare in galera raggiunge addirittura il 51,1%.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.