Ma ora i dem votino Conte segretario

È vero che quando un politico gonfia il petto e intima di essere "disposto a tutto" per difendere qualcosa, bisogna sempre mettere molta acqua nel suo vino, e quel "tutto" va fortemente ridimensionato

Ma ora i dem votino Conte segretario

È vero che quando un politico gonfia il petto e intima di essere «disposto a tutto» per difendere qualcosa, bisogna sempre mettere molta acqua nel suo vino, e quel «tutto» va fortemente ridimensionato. Eppure, le parole di Conte, che ha intimato appunto di essere disposto a tutto per il reddito di cittadinanza e poi, non pago, ha aggiunto di essere pronto «a dare battaglia» anche nelle «piazze», ci suonano preoccupanti, stonate e grottesche. Le parole non provocano disordini, ma potrebbero instillare in menti esagitate propositi non proprio pacifici. Soprattutto se con quel «noi», Conte si riferisce al Movimento 5 stelle che, fino a pochi anni, non si era risparmiato in retorica violenta e piazzaiola, anzi su quella è cresciuto. Ma le parole di Conte suonano anche stonate, perché vengono da un ex presidente del Consiglio, che dovrebbe con qualche cautela evocare le piazze con un frasario guerresco, sia pure di cartapesta. Dovrebbe anzi far attenzione, in quanto ex premier, a non oltrepassare la soglia del ridicolo. Suonano, infine, grottesche le parole del capo dei 5 stelle perché in realtà il reddito di cittadinanza non è stato, almeno con questa manovra, davvero abolito. E la finanziaria, denunciata dai 5 stelle come un obbrobrio «neoliberista», volto a colpire i poveri e a favorire i ricchi, appare al contrario in continuità con quelle dei tre esecutivi precedenti, di cui i 5 stelle facevano parte, e due dei quali presieduti proprio da Conte. Eccessivamente in continuità, se vogliamo.

Sia come sia, le parole di Conte suonano gravi e ci saremmo aspettati dal Pd una presa di distanza. Invece Letta, il segretario in scadenza, il cui partito ha fatto parte di due dei tre governi precedenti, non solo non lascia solo Conte, ma raddoppia. I toni sono apparentemente meno esagitati, gli aggettivi più ponderati: «è iniqua», un termine classico della propaganda e della demagogia di sinistra, applicata ad ogni misura economica che non la veda protagonista. Ma se il linguaggio è più delicato, i gesti sembrano essere simili a quelli di Conte: in particolare nel ricorso alla piazza, già fissata per il 17 dicembre. Che è un modo, più che per combattere l'iniquità, per compattare il partito nel pieno della cosiddetta «costituente» che porterà alle primarie.

Divisi su tutto, i candidati segretari si troveranno a sfilare contro la solita Thatcher (purtroppo) immaginaria. Ma a questo punto, se il Pd è a rimorchio dei 5 stelle, ci chiediamo che senso abbia eleggere un nuovo segretario: scelgano direttamente Conte.

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