"Ora i numeri non ci sono...". Pressing per le dimissioni di Conte

Domani il premier salirà al Quirinale: vorrebbe ottenere il reincarico per formare il Conte-ter. Sarà salvato dai voltagabbana o dovrà piegarsi a Renzi?

"Ora i numeri non ci sono...". Pressing per le dimissioni di Conte

La situazione sta sfuggendo di mano e presto assisteremo alle dimissioni di Giuseppe Conte. Nonostante abbia provato fino all'ultimo a evitare il passo di lato, le circostanze l'hanno costretto a ripensarci e quindi ad ascoltare i suggerimenti arrivati da Movimento 5 Stelle e Partito democratico: domani mattina il premier salirà al Quirinale per conferire con il capo dello Stato Sergio Mattarella, solamente dopo il Cdm (fissato per le ore 9) in cui condividerà con la sua squadra la scelta di dimettersi. È previsto quindi che salti il passaggio alle Camere in settimana sulla relazione dello stato della giustizia. Il presidente del Consiglio avrebbe voluto sfuggire a questo passaggio per scongiurare ogni tipo di sgambetto: una volta che mi dimetto può succedere di tutto e nessuno mi dà la garanzia che otterrò il reincarico, è il ragionamento che fa l'avvocato. Che comunque punta a ottenere un mandato per formare entro 3 giorni il Conte-ter con una maggioranza allargata e stabile.

La mossa è dettata dal fatto che il quadro al Senato non ha subito significative variazioni rispetto al voto della scorsa settimana: specialmente dal Pd è stato portato avanti un forte pressing per sollecitarlo a rassegnare delle dimissioni-lampo così da far emergere con chiarezza i voltagabbana. I timori di Conte sono tanti, ma i dem hanno ribadito che il suo ruolo "è imprescindibile", tanto che in mattinata Goffredo Bettini ha confermato che "non c'è alcun motivo per rimuoverlo". Il fattore chiave è rappresentato anche da un'altra realtà inequivocabile: il voto sulla relazione di Alfonso Bonafede a Palazzo Madama avrebbe fatto crollare tutto e avrebbe tagliato le possibilità per incassare il reincarico. Ecco perché alla fine ha scelto la strada della crisi pilotata. "La situazione lo impone", riferisce un ministro pentastellato.

Fonti del Pd tengono però a precisare: "Il Partito democratico non ha chiesto e non sta chiedendo a Conte di andare al Quirinale". Il percorso resta quello indicato dal segretario Nicola Zingaretti e dal vice Andrea Orlando: verificare se ci sono le condizioni per una base parlamentare ampia con programma autorevole e passare "per un governo autorevole, europeista e in grado di affrontare i problemi facendo un appello alla responsabilità a tutti".

L'operazione responsabili

Gli stessi dem avevano messo in guardia sui rischi di andare in Aula per la relazione del ministro della Giustizia e sul fatto che il governo ne uscirebbe sconfitto visto che, almeno per il momento, i numeri non ci sono. Il premier si recherà al Colle perché convinto di poter risolvere il tutto in seguito al passaggio istituzionale. Ma ha in mano i numeri di un gruppo parlamentare di costruttori in grado di garantirgli stabilità oppure sarà disposto a ricucire con Italia Viva? Nelle scorse ore soprattutto il Pd ha mostrato segnali di apertura nei confronti dei renziani, invitando Conte a tornare al dialogo con coloro che hanno creato la situazione di stallo. Nel Movimento 5 Stelle quali sono gli umori? Il grillino Manlio Di Stefano ha tenuto a specificare che il veto c'è su Matteo Renzi ma non sui parlamentari del gruppo di Iv: "Assolutamente sì, mi sembra evidente. Mai più con Matteo Renzi, che non significa con i parlamentari di Iv, loro mi sembrano le prima vittime".

Occhi puntanti sull'Udc, che potrebbe svolgere un ruolo fondamentale in un ipotetico nuovo esecutivo. Al termine del vertice di partito, tenutosi questa mattina nella sede nazionale di via in Lucina, è emerso che il gruppo avrebbe votato contro la relazione di Bonafede. Paola Binetti ha sottolineato che l'Unione dei democratici cristiani e democratici di centro non intende fare da "stampella" all'esecutivo, pretendendo le dimissioni di Conte per un fattore di trasparenza istituzionale: "Si dimetta. Se deve essere un Conte-ter, voglio sapere con chi verrà fatto e quali obiettivi si propone".

Nella giornata di ieri Bruno Tabacci di Centro democratico si è fatto portavoce di tutti coloro che vorrebbero le dimissioni di Conte per accelerare l'operazione responsabili: "Ora tutti devono assumersi le proprie responsabilità. Conte deve dimettersi per formare un nuovo governo. E se non ci riesce, si va al voto. Per vincere". Anche Pier Ferdinando Casini, giudicando la minaccia delle elezioni anticipate una mera tattica politica, ha chiesto al premier un gesto di chiarezza: "Conte dovrebbe andare al Quirinale e dimettersi. Aprire la strada per essere reincaricato.

Recuperare il dialogo con Renzi e mettere nel dimenticatoio i personalismi. Se si dimette prima evita il voto su Bonafede. Se va in Aula e viene bocciato sul tema della giustizia è chiaro che non c'è un Conte-ter".

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