Padoan fa il rigorista contro la flat tax ma lui fabbrica deficit

Il ministro: «Troppe promesse elettorali» Dimentica i buchi della sua legge di bilancio

Padoan fa il rigorista contro la flat tax ma lui fabbrica deficit

Facile fare il rigorista in Germania e lanciare allarmi sulla tenuta dei conti italiani. Applausi assicurati. Lo ha fatto ieri il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan con un'intervista al quotidiano economico tedesco Handelsblatt. Il futuro candidato del Pd si è detto preoccupato per «il fatto che in campagna elettorale si prometta di smantellare il lavoro fatto». Alla vigilia del voto si sono moltiplicate promesse che - questo il timore del ministro - possono compromettere i risultati raggiunti dagli ultimi governi.

Fino a pochi giorni fa era proprio il governo italiano, quindi anche il ministro dell'Economia, ad essere attenzionato dai paesi rigoristi, quindi dalla Germania, per gli eccessi di spesa e le troppe concessioni. Il giudizio finale sulla legge di Bilancio firmata dal ministro Padoan è ancora sospeso. Di certo c'è che è fatta in deficit per circa 15 miliardi. Tre di questi sono di fatto fuori dai patti europei. I principali impegni di spesa, a parte il rinvio dell'aumento dell'Iva, riguardano i pubblici dipendenti, in particolare il rinnovo del contratto degli statali e delle autonomie locali. Poi micromisure varie. Non riforme strutturali, insomma, ma la stessa spesa corrente che ha fatto esplodere il debito.

Il ministro in carica, insomma, è fedele al principio del tassa e spendi. Non a caso negli ultimi giorni ha preso di mira la flat tax, proposta dal centrodestra. «Tipico prodotto bacchetta magica. Perché sembrerebbe che abbia, a prescindere dall'aliquta, due effetti immediati: semplificazione e abbattimento delle tasse. Capisco che susciti entusiasmo, ho sentito di persone che pensano di votare per questo, ma diteci dove trovate le decine e decine di miliardi che servono e diteci come l'effetto non sia regressivo, ossia che avvantaggi i più ricchi».

La polemica sulla copertura è sbagliata, gli ha replicato il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, imputando al ministro l'avere fatto aumentare il debito pubblico dopo avere promesso una riduzione certa. La candidatura nel Pd, proietta Padoan in uno scenario meno tecnico e più politico. Da qui la polemica sull'effetto regressivo della tassa, cavallo di battaglia della sinistra. Le proposte del centrodestra prevedono una no tax area e detrazioni che garantiscono il rispetto del principio.

Anche ieri è continuato il braccio di ferro tra i sostenitori della tassa ad aliquota unica e i detrattori. «L'ostilità del Pd e del Movimento 5 Stelle alla flat tax non sorprende. Entrambi sono animati da una cultura antiliberale che considera la pressione fiscale come lo strumento per moltiplicare la spesa pubblica improduttiva, elettoralmente strategica», ha attaccato il senatore di Forza Italia Andrea Mandelli.

All'attacco della flat tax Maurizio Martina, ministro dell'Agricoltura e vicesegretario del Pd. Proposte «surreali», per mancanza di coperture, ha spiegato ieri.

Con l'intervista al principale quotidiano economico tedesco Padoan cerca di accreditarsi come unico interlocutore dell'Europa in Italia. A Matteo Renzi serve un candidato di punta che sia gradito all'Unione europea e in grado anche di convincere la Germania. Sparare contro la flat tax è una delle poche carte che restano il Pd a questo tavolo.

Che la campagna sul fisco sia entrata nel vivo lo dimostra lo spazio concesso ieri dal quotidiano la Repubblica a uno studio-sondaggio dell'Ufficio valutazione impatto del Senato, dal quale emerge che l'evasione vale 132 miliardi di redditi e 32 di gettito (cifra inferiore ad altre stime) ed è concentrata su lavoratori autonomi e

proprietari di immobili locati. Con la cedolare secca, ha osservato il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, in realtà il gettito è aumentato. Il fisco, insomma, si conferma il grande tema di queste elezioni.

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