Palamara-Salvini confronto in diretta tv sul caso Gregoretti

Le scuse del magistrato che in una chat ordinò di attaccare il leghista: "Clima ostile? È la verità"

Palamara-Salvini confronto in diretta tv sul caso Gregoretti

Un terremoto chiamato Palamara, sulla carta o in tv. L'uscita del libro-intervista all'ex presidente dell'Anm di Alessandro Sallusti, Il Sistema, ha regalato alla magistratura una settimana agitatissima, e per chiuderla in bellezza Palamara è andato a tirare un altro paio di bordate contro i suoi ex colleghi davanti alle telecamere di Non è l'Arena, da Massimo Giletti.

Arriva alle 22, mascherina nera sul volto, poi la toglie e comincia a parlare. Ribadendo che la magistratura non è cambiata con la sua cacciata, e avvertendo: «La magistratura non perde certo credibilità solo per me», ringhia. «Finché il sistema è questo insiste - queste resteranno le regole del gioco. Io da oggi non accetto più di sentirmi dire che il mio racconto delegittima la magistratura, perché il mio racconto è per i magistrati». Lo sfogo non finisce qui, perché nel mirino finisce il vicepresidente del Csm, David Ermini. «Proprio lui, che è stato eletto a seguito di una cena con me, Lotti e Ferri a casa Fanfani, contando i voti alla fine, non può dire che io sono una scoria, il rispetto deve essere reciproco». Palamara, che ribadisce di essere «ancora magistrato», entra a gamba tesa anche nella vicenda, sollevata da Giletti all'epoca delle scarcerazioni Covid dei boss mafiosi, della mancata nomina di Di Matteo a capo del Dap. Al conduttore spiega, senza dubbio alcuno, che fu proprio il «sistema» a convincere Bonafede che nominare il pm antimafia per quell'incarico non era una buona idea.

C'è anche un confronto con Salvini, che chiama in diretta, sul caso Gregoretti, a proposito della celebre chat tra Palamara e il procuratore di Viterbo Auriemma. Il primo difendeva l'operato di Salvini chiedendosi perché indagarlo, Palamara replicava secco «No hai ragione, però bisogna attaccarlo». «Ho già fatto privatamente le scuse a Salvini», spiega Palamara, «e non ho problemi a farle anche pubblicamente e ad ammettere quell'errore. Che c'era quel clima all'interno della magistratura contro Salvini è la verità, e mi assumo la mia quota parte di responsabilità». Il leader leghista incassa e rilancia, chiedendo a Palamara che ne pensa del sorteggio per l'elezione del Csm, e l'ex consigliere risponde: «Da presidente Anm e da uomo di corrente, posso dire che la riforma più temuta era proprio il sorteggio».

Anche sulla nomina (mancata) del procuratore capo di Catanzaro Gratteri a Guardasigilli nel governo Renzi, Palamara non ha dubbi: «Il sistema non poteva permettersi Gratteri ministro della Giustizia». Di tutto, Palamara si dice pronto a parlare davanti al Csm, ma spiega che se mai dovesse essere chiamato a Palazzo dei Marescialli «vorrei che vengano messe sul tavolo anche le chat dei miei colleghi, non solo le mie», quelle che conoscono tutti.

Mancava solo la diretta serale del grande accusatore per turbare la tranquillità delle toghe, già scossa da giorni dalle rivelazioni di Palamara, e per rilanciare la polemica che fa tremare molti magistrati.

La puntata in tv tra l'altro tira in ballo di nuovo Ermini già ampiamente citato anche nel libro-intervista, che pure all'inaugurazione dell'Anno giudiziario, al Palazzaccio, ha ammesso che «il doveroso accertamento delle responsabilità di singoli magistrati non deve trasformarsi in un modo per liquidare fatti dolorosi e inquietanti all'interno di una spiacevole parentesi da archiviare e dimenticare in fretta». Di certo Palamara di farsi «archiviare e dimenticare» non ha alcuna intenzione. E da Giletti, ieri, l'ha chiarito ancora una volta.

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