Il Palazzo ora ha fretta di completare il Csm. C'è l'incognita numeri

Oggi il voto su Giuffrè (Fdi) come ultimo membro laico. La "moral suasion" del Colle

Il Palazzo ora ha fretta di completare il Csm. C'è l'incognita numeri

Contrordine: si vota oggi e non tra una settimana. L'operazione Csm, che si trascina da mesi, va chiusa in fretta, tanto più dopo la figuraccia - «da peracottari», nelle parole del presidente del Senato Ignazio La Russa - di martedì, con il candidato del partito di maggioranza (nonchè vice-presidente in pectore dell'organo di autogoverno della magistratura) ritirato e sostituito a urne aperte perchè colpito dai soliti, immancabili veleni giudiziari.

Quindi per questo pomeriggio è stata convocata ieri, in tutta fretta, una nuova seduta comune di Camera e Senato per procedere all'elezione dell'ultimo membro laico mancante per il plenum, nella persona del giurista catanese Felice Giuffrè, indicato da Fratelli d'Italia in sostituzione del capro espiatorio Giuseppe Valentino. Andrà tutto liscio? Dal Pd e dal Terzo polo si assicura che le opposizioni voteranno disciplinatamente secondo gli accordi. Ma resta l'incognita del trolley: oggi è giovedì, ossia il giorno in cui a ora di pranzo i parlamentari ripartono per i rispettivi collegi, e il rischio che in molti non tengano conto dell'improvviso cambio di calendario, e corrano verso aeroporti e stazioni prima della conclusione della seduta comune c'è.

A sollecitare l'accelerazione, dicono in Parlamento, sarebbe stata la «moral suasion» del Quirinale, preoccupato per lo spettacolo poco edificante offerto nelle scorse ore e dalla vacatio dell'organismo di cui Sergio Mattarella è presidente. Tanto più che nei prossimi giorni sono in calendario le solenni cerimonie per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, ed è opportuno che per l'occasione il Consiglio superiore non sia ancora vacante.

Ma anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha tutto l'interesse a non trascinare una partita che rischia solo di complicarsi col passare dei giorni, e a far dimenticare uno scivolone che ha ulteriormente avvelenato anche i rapporti interni alla maggioranza: «Ora però bisogna portare a casa il risultato, senza aprire il fronte delle polemiche», ripetono dalle parti della premier.

Che la retromarcia improvvisa su Valentino non sia piaciuta a molti, nel centrodestra, lo rivelano anche i numeri: a conti fatti, il primo candidato di Fdi ha ottenuto infatti più voti del previsto: 194 in tutto. Il che vuol dire, traducono gli esperti di alchimie d'aula, che molti parlamentari di maggioranza hanno continuato a votarlo anche dopo l'ordine di servizio - arrivato sui telefonini di tutti loro - di astenersi, e poi di riconfluire su Giuffrè. «É stata azionata una macchina del fango a orologeria che ha fatto male a tutti - dice il capogruppo di Fi Alessandro Cattaneo - Bisognerebbe tenere sempre saldi i valori del garantismo». A molti, tra Lega, Fi e la stessa Fdi, non è andata giù la precipitosa resa davanti al trappolone ordito dal M5s di Giuseppe Conte. «Una vera imboscata a urne aperte» accusano da Fdi. Il leader grillino, dopo aver sottoscritto l'intesa con la maggioranza, ed essersi assicurato di aver piazzato al Csm il proprio amico e collega Michele Papa (che, da premier, aveva già infilato nel Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa), ha infatti fatto annunciare dai suoi che non avrebbero rispettato la medesima intesa perchè su Valentino c'era l'ombra di un'indagine e perchè il candidato renziano Ernesto Carbone e quello di Forza Italia Enrico Aimi non gli piacevano.

Subito seguito dal Pd, che non nasconde la speranza di poter fare bingo tra i togati del Csm, grazie al caos nella maggioranza, conquistando la vice-presidenza per il proprio candidato Romboli. «Ha un profilo ineccepibile da costituzionalista attento ai diritti, che potrebbe convincere molti membri del plenum a votarlo», ragionava ad esempio l'ex ministro della Giustizia dem Andrea Orlando.

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