Una caccia ai nomi, per scoprire l'identità dei corvi, cardinali e vescovi che durante il ricovero di Papa Francesco al Policlinico Gemelli di Roma, lo scorso luglio, hanno organizzato una cena in Vaticano per individuare un possibile successore di Bergoglio. Dopo la denuncia pubblica del Pontefice, che incontrando i gesuiti slovacchi a Bratislava negli scorsi giorni ha detto «sto bene, alcuni mi volevano morto, stavano già preparando un Conclave», dentro alle sacre stanze non si parla d'altro e si cerca di capire chi siano quei congiurati che hanno approfittato della malattia di Francesco per formare una cordata pronta a rientrare nella Cappella Sistina e voltare pagina, sognando un nuovo Papa.
Solite trame e veleni di palazzo che non son mai mancati, commenta qualche vecchio curiale, confermando che il clima di tensione all'ombra di San Pietro non si è affatto attenuato, anzi. Goloso di pettegolezzi, più di un alto prelato si è anche messo sulle tracce di chi, anziché pregare, ha sperato che Francesco morisse dopo il delicato intervento al colon dovuto ai diverticoli. Speranza, però, caduta subito nel vuoto: dopo alcune settimane dalle dimissioni dal decimo piano del Policlinico romano, l'84enne Papa argentino non solo ha subito fatto sapere di avere progetti a lungo termine ma si è anche messo in viaggio per un impegnativo pellegrinaggio in Ungheria e Slovacchia durato quattro giorni. Il nome del padrone di casa che ha fissato la riunione dei cospiratori in Vaticano è stato, comunque, riferito al Pontefice dopo il rientro a Santa Marta dal Gemelli e, da quanto è emerso, si tratterebbe di un alto prelato che vive in Vaticano da oltre dieci anni e che è considerato un punto di riferimento del mondo tradizionalista, pur non esternandolo pubblicamente come tanti altri suoi confratelli. Un uomo di Chiesa, peraltro, tenuto in grande considerazione dai confratelli nordamericani che in un futuro Conclave avrebbero intenzione, questa volta, di non accodarsi ma di dettare la linea. Non è un caso che il cardinale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, uno dei grandi delusi del Pontificato di Bergoglio, si sia già presentato agli occhi dell'intero collegio cardinalizio come un possibile kingmaker: nel luglio del 2020 aveva spedito con un corriere a tutti i porporati del mondo e a proprie spese, un libro in cui si traccia l'identikit del «prossimo Papa» e in cui l'autore, George Weigel, attivista statunitense fortemente critico nei confronti del Pontefice, propone la strada che il prossimo Papa dovrà percorrere «dopo i gravi fallimenti istituzionali e la confusione liturgico-dottrinale degli ultimi decenni».
Sulla famosa «cena dei congiurati», inoltre, l'informativa giunta nelle stanze dei bottoni oltre a contenere l'identità dell'organizzatore, contiene anche altre importanti informazioni: si parla di un gruppo di 4/5 cardinali e vescovi, a maggioranza stranieri, tutti curiali, già da tempo sul piede di guerra contro Francesco, in particolare per le aperture sui divorziati-risposati dopo l'esortazione apostolica Amoris Laetitia e che si sono ulteriormente irrigiditi dopo l'ultimo Sinodo dei Vescovi dedicato all'Amazzonia.
Informazioni, utili al Papa, che invece non sono state fatte trapelare in Segreteria di Stato, tanto che nulla è giunto alle orecchie del primo collaboratore di Papa Francesco, il Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin.
Il porporato è intervenuto pubblicamente ieri sulla faccenda, commentando, a margine della riunione del Ppe, le parole del Pontefice e chiudendo ogni discussione: «Probabilmente - ha detto - il Santo Padre ha informazioni che io non ho, penso che si tratti di una questione di pochi, di qualcuno che magari si è messo in testa queste cose. A me informazioni su questa vicenda non sono pervenute».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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