L'una è passata da poco quando sotto una nuvola bianca una 500 bianca accosta all'ingresso di Corso Rinascimento e fa scendere un uomo tutto vestito di bianco. Si, è proprio lui, è il Papa, è arrivato a sorpresa perché vuole salutare il suo vecchio amico Giorgio Napolitano. La gente dietro le transenne applaude, i fotografi sgomitano, il traffico si ferma mentre Ignazio La Russa lo accoglie al portone principale. È la prima volta che Francesco entra a Palazzo Madama, anzi è il primo Pontefice che mette piede al Senato.
Poche cerimonie, una visita lampo, un fuoriprogramma molto poco protocollare che desta stupore pure in Vaticano, dove quasi nessuno era informato. Dieci minuti in tutto ma «pieni di affettuosità», come racconterà La Russa. Il Santo Padre viene accompagnato nella sala Nassirya, dove è allestita la camera ardente, si avvicina con il bastone al feretro coperto dal tricolore e resta qualche minuto in raccoglimento. Niente segno della croce, nessuna preghiera, nemmeno una veloce benedizione, solo una mano al petto e un mezzo inchino, questo l'omaggio laico a Napolitano del capo della Chiesa. Dopo aver abbracciato la signora Clio e salutato con calore i figli Giulio e Giovanni, si risiede sulla sedia a rotelle e si fa portare di fronte al tavolino con il libro delle presenze e la foto del presidente scomparso. Prende gli occhiali e scrive su un grosso foglio bianco. «Un ricordo e un gesto di gratitudine a un grande uomo servitore della patria». E la firma: Francesco. Poi torna a Santa Marta, senza altri commenti. «Il Papa si è recato nella camera ardente - si legge in una nota del Vaticano - per esprimere con la sua presenza il suo personale affetto a lui e alla famiglia e per celebrare il servizio reso all'Italia».
«Un onore per tutti noi aver accolto il Santo Padre», dice La Russa. La visita del Pontefice è il momento clou di una lunga giornata, iniziata alle 9 con l'arrivo del feretro scortato dai corazzieri in alta uniforme. Il presidente del Senato la passa quasi tutta entrando e uscendo dal portone di Corso Rinascimento. Si comincia con Sergio Mattarella, che ha ricevuto un messaggio di Carlo III d'Inghilterra, che ricorda «la vita per la democrazia» e l'amicizia con la regina Elisabetta. Il capo dello Stato, con accanto la figlia Laura, si ferma prima a salutare con affetto i familiari, chinandosi a parlare con Clio Napolitano seduta in prima fila con il suo vestito nero, poi si raccoglie davanti alla bara avvolta nella bandiera, con ai piedi il cuscino con il cordone dei cavalieri di Gran Croce.
E dopo arriva Giorgia Meloni, che rende omaggio a nome suo e del governo, scambia qualche parola con la famiglia, firma il registro e si ferma a parlare con Mario Draghi, Gianni Letta e Gianfranco Fini, sopraggiunti nel frattempo. Si vedono il presidente della Camera Lorenzo Fontana e i leader di partito, Eli Schlein e Giuseppe Conte, mentre il commissario Ue all'Economia Paolo Gentiloni ricorda «lo straordinario europeista che ha avuto sempre la convinzione che la forza e lo sviluppo dell'Italia sarebbero stati possibili solo nell'orizzonte dell'Ue». Poi, in ordine sparso, gli ex presidenti del Senato Marcello Pera e Pietro Grasso, Pier Ferdinando Casini, l'attuale vicepresidente di Palazzo Madama Maurizio Gasparri e quello della Camera Giorgio Mulè, Nicola Zingaretti, Francesco Lollobrigida, Fabio Rampelli, Ignazio Visco, Maurizio Landini, Francesco Rutelli e Barbara Palombelli. Ecco Mario Monti, voluto proprio da Napolitano a Palazzo Chigi al posto di Silvio Berlusconi.
«Quella fu una crisi che poteva essere letale per l'Italia. Non ha inseguito consenso, ha pensato al bene del Paese». Ecco anche Vittorio Sgarbi, il sindaco di Roma Gualtieri, i cittadini in coda. Oggi la camera ardente riaprirà alle 10. E domani i funerali a Montecitorio.
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