Parola di De Bortoli: "Spirito anti lombardo"

L'ex direttore del "Corriere" e il razzismo contro il Nord: "La sinistra non ama Milano"

Parola di De Bortoli: "Spirito anti lombardo"

E siamo a due. Non era per troppo amore e neppure per un momento qui, al Giornale, abbiamo voluto drammatizzare quello che da soli vedevamo, quel sentimento anti-lombardo che nel paese montava sotto le mascherine. Non erano dunque le nostre lenti a essere appannate e non ci piace sentirci dare ragione, ma certo ci conforta leggere le parole di Ferruccio de Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera, che conferma, aggiunge e denuncia: «Uno spirito anti-lombardo è emerso nel paese. Non è più accettabile. Bisogna reagire. Dire basta». Ha scelto di dirlo, attraverso un'intervista, all'Huffington Post dove ha sicuramente trovato una serenità di giudizio, uno spazio ideale malgrado quello che conserva sul quotidiano che ha diretto in ben due occasioni e dove rimane firma con licenza all'irregolarità. Alla domanda su come si sente, de Bortoli ha risposto che «ancora oggi mi sento un po' appestato. Non esco da Milano. Rimango a casa il più possibile. Ascolto racconti di amici che sono andati fuori dalla Lombardia e sono stati accolti da battutine, insinuazioni, cattiverie». È quanto aveva con coraggio, e in piena solitudine, segnalato, al Giornale, il magistrato Raffaele Cantone, e che gli è valso il «trattamento Fatto Quotidiano», l'identificazione come toga nemica. Anche de Bortoli, come Cantone, lamenta un «razzismo di ritorno», ma invertito Sud contro Nord, («Alcuni hanno dovuto subire anche un cartellone che diceva: Torna a casa tua») e quel sentimento di compiacimento delle sciagure altrui: «Come se vedere colpita questa Regione, sempre definita un modello, anziché suscitare vicinanza, desse un piacere che i tedeschi definiscono con una parola precisa: schadenfreude». Per carità, nessuno crede, e de Bortoli è tra questi, che la Lombardia non abbia sbagliato nulla («Soprattutto nella comunicazione»), ma la violenza contro la regione «è stata di una violenza inusitata. La Lombardia si è trovata di fronte un nemico che nessuno conosceva e, all'inizio, tutti abbiamo sottovalutato». Per quale ragione quest'antipatia? de Bortoli la fa risalire a «un'invidia sociale nei confronti di chi è stato sempre ritenuto migliore. Si detesta chi è più ricco, chi è riuscito a cavarsela nel mondo, chi ha espresso al meglio le proprie capacità». È uno spirito che per l'ex direttore «è radicato in una parte della sinistra italiana. Politicamente, Milano è percepita come la città di Craxi, di Berlusconi, di Bossi, ora di Salvini. È qualcosa di estraneo, che la sinistra non è mai riuscita ad afferrare fino in fondo».

Una sinistra che, ed è ancora De Bortoli, «non parla la lingua delle imprese del Nord e che nei suoi confronti imbocca la scorciatoia della diffidenza. Come si fa a non capire che senza Milano e la Lombardia l'Italia non si metterà mai in piedi?». Sono parole importanti perché non sono (solo) di un milanese, ma di un «italiano» autorevole.

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