La settimana che inizia oggi non ha una valenza fondamentale solo dal punto di vista politico, ma anche sul versante economico. Se, da una parte, si arriverà allo showdown vero e proprio sulla crisi di governo con le comunicazione del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dall'altra parte c'è la necessità di varare il quinto decreto Ristori per evitare che i mancati introiti da lockdown si traducano in una chiusura generalizzata delle attività economiche. Lo scostamento sul quale il governo ha chiesto l'autorizzazione al Parlamento vale 32 miliardi, ma consentirà nel 2021 di mobilitare risorse di cassa per complessivi 50 miliardi, ha sottolineato la relazione al Parlamento presentata dal governo.
L'utilizzo delle risorse è, a grandi linee, già definito e si attende che i due rami del Parlamento diano un rapido via libera. La discussione è prevista per mercoledì sia alla Camera che al Senato e nello stesso giorno il ministro dell'Economia Gualtieri riferirà alle commissioni Bilancio riunite. Il centrodestra, inoltre, è orientato al voto favorevole per non ostacolare l'erogazione dei rimborsi a esercenti e professionisti. Come detto, la ripartizione delle risorse pare essere già stata definita: 5,5 miliardi di euro andranno al prolungamento di ulteriori 18 settimane della cassa-Covid senza oneri per le imprese, 3 miliardi andranno alla sanità, 1 miliardo rispettivamente a Comuni e Regioni e al trasporto pubblico locale, mentre circa 5 miliardi dovrebbero essere destinati alla rottamazione-quater e al rinvio delle cartelle esattoriali. Il resto (poco meno di una quindicina di miliardi) dovrebbe essere destinato ai ristori per le imprese.
Il quinto decreto Ristori costituirà anche uno degli argomenti al centro dell'Eurogruppo in calendario oggi. Le preoccupazioni dei partner europei, sintetizzate sabato scorso dal commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, sono state ribadite ieri in un editoriale sul Corriere dall'ex premier e senatore a vita, Mario Monti, che ha subordinato il voto di fiducia all'esecutivo Conte all'accettazione di alcuni principi fondamentali. In primis, secondo Monti (cioè secondo Bruxelles), i ristori non dovrebbero essere più destinati genericamente a tutte le attività imprenditoriali ma solo a quelle che hanno concrete possibilità di sviluppo dopo la pandemia, mentre per i destinati alla cessazione sarebbe più opportuno preparare ammortizzatori sociali più adatti al reinserimento delle maestranze sul mercato del lavoro.
In seconda istanza, Mario Monti chiede all'esecutivo e a qualsiasi maggioranza di riflette sull'opportunità di riflettere sull'avvio di una riforma fiscale che tenga conto delle sollecitazioni giunte non solo dalla Commissione Ue e dall'Ocse, ma anche, di recente, dalla Banca d'Italia per spostare il carico fiscale dal lavoro alle rendite e ai patrimoni in modo da creare un sistema teoricamente più equo. Anche perché, ribadisce l'ex presidente del Consiglio, nel 2022 «verrà reintrodotta la disciplina su disavanzi e debiti pubblici» e l'Italia rischia di arrivare con l'affanno a questo appuntamento visto che quest'anno si attende un debito/Pil al 158,5% e un deficit/Pil all'8,8 per cento.
Le parole di Monti sembrano «dettate» dalla Bce e dalla Commissione europea
che hanno ben chiaro come l'Italia possa difficilmente sopravvivere in autonomia nel momento in cui gli stimoli monetari pandemici cesseranno. È un avvertimento «amichevole» e la politica farebbe bene a non sottovalutarlo.
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