Sul Colle la polveriera del Pd rischia di esplodere

Pd a rischio tenuta se Letta dovesse dare un'accelerazione alla candidatura di Draghi. I dubbi dei ministri Orlando e Franceschini, i peones in fibrillazione in parlamento: cosa può succedere

Sul Colle la polveriera del Pd rischia di esplodere

A sei giorni dalla prima votazione per il Quirinale, le nubi ancora non si vanno diradando. L’agitazione che si respira dalle parti del centrodestra, infatti, sta coprendo il caos che regna anche nelle file di un centrosinistra che più sfilacciato e diviso non poteva essere. Domani Giuseppe Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza dovrebbero incontrarsi ancora, per provare a trovare una quadra comune sull’atteggiamento da tenere in aula durante le prime tre votazioni (quelle con il quorum di due terzi). Fino ad oggi, però, i tre non sono riusciti a trovare un punto di caduta condiviso.

D’altra parte, sia il M5s che il Pd sono già lacerati al loro interno, figurati immaginare una strada comune per tutti. I primi sono alle prese con il braccio di ferro tra Conte e Luigi Di Maio, che guardano alla partita del Quirinale con obiettivi diversi e che devono dare conto ad un gruppo parlamentare in grandissima agitazione davanti al rischio che – per una ragione o per un’altra – la corsa al Colle possa risolversi con un salto verso le elezioni anticipate.

Ancora più complessa e sfilacciata la situazione in casa Pd. Che rischia di esplodere se nei prossimi giorni si dovesse registrare un’accelerazione verso una candidatura di Mario Draghi. Non è forse la soluzione preferita da Letta, ma certo il segretario dem non potrebbe che sostenere l’ex numero uno della Bce. Come pure, all’interno del Pd, farebbe l’attuale ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. A largo del Nazareno, peraltro, sostengono che, a differenza del passato, anche l’ex segretario Nicola Zingaretti potrebbe non essere ostile a una soluzione del genere.

Il punto è il resto del partito. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, non fa mistero dei suoi dubbi in proposito. Lo ha detto chiaro durante la direzione del Pd, quando ha insistito sulla necessità di una “continuità del governo e della legislatura”. Orlando, insomma, non vede affatto di buon occhio una eventuale candidatura Draghi. Così come Dario Franceschini, ministro della Cultura e capodelegazione dem al governo, ormai da mesi in rotta di collisione con il premier. I due, infatti, non si prendono proprio ed è da tempo che i canali di comunicazione sono sostanzialmente chiusi.

Infine i gruppi parlamentari, che rispondono a logiche piuttosto articolate. Non essendo stati indicati dall’attuale segreteria, infatti, tra deputati e senatori c’è la consapevolezza che in caso di elezioni anticipate – complice anche il taglio dei parlamentari – saranno in molti a non tornare. Scontato, dunque, che nel Pd ci sia una corposa truppa di peones piuttosto ostile a una candidatura Draghi.

Un quadro, dunque,

piuttosto articolato. Su cui pesa il ricordo dei 101 che nel 2013 demolirono la candidatura al Colle di Romano Prodi. A testimoniare che la sinistra non brilla sempre in compattezza quando si tratta di Quirinale.

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