Pd e grillini nel pallone, caos sui sottosegretari. Lista rimandata a lunedì

M5s perde pezzi (e posti). Guerriglia delle donne dem. Pressing sulla Cartabia per la prescrizione

Pd e grillini nel pallone, caos sui sottosegretari. Lista rimandata a lunedì

L'ex maggioranza è nel pallone, e il premier Draghi ieri temeva di veder svanire la possibilità di ricevere in tempi umani la lista dei sottosegretari. Per questo ha convocato per lunedì un Consiglio dei ministri, onde far capire ai partiti che la ricreazione è finita e l'esecutivo va completato.
La lista avrebbe dovuto essere pronta entro questo weekend, ma nel frattempo il Movimento Cinque Stelle si è dato fuoco, il Pd è in preda alla sindrome Lisistrata, con le donne sul piede di guerra contro la nomina di soli maschi nei ministeri, e quindi la definizione delle caselle minacciava di slittare sine die. A Palazzo Chigi si tengono alla larga dagli psicodrammi in corso «Sono problemi dei partiti, ci faranno sapere». Loro, giustamente, non si impicciano, tanto il governo la fiducia la ha avuta e il premier può cominciare a lavorare. Ma la fragilità di nervi dei rossogialli minaccia di ripercuotersi sui primi passi del governo.
Se nel partito grillino regna il caos più totale, tra i Dem si affilano i coltelli per l'ennesima resa dei conti interna, con il segretario Zingaretti nel mirino e persino qualche padre nobile (nonchè aspirante quirinabile) come Prodi o Veltroni che lancia segnali di fumo per chiedere un cambio della guardia al Nazareno. A tenere banco, ufficialmente, è la questione femminile, che però serve anche come cortina fumogena per coprire lo scontro tra correnti. Le donne hanno chiesto nei giorni scorsi un confronto in una direzione ad hoc, per chiarire la linea e - soprattutto - per riservare i posti del prossimo giro di nomine, quello dei sottosegretari, in base al genere. Ieri la direzione è stata ufficialmente convocata per il 25 febbraio, giovedì prossimo. Fuori tempo massimo, dunque, per la questione dei posti di sottogoverno, a meno che i partiti non abbiano la meglio e la nomina slitti ancora. «Ovviamente fino al 25 febbraio nessuno preparerà liste di sottosegretari, vero?», dice polemica la parlamentare Chiara Gribaudo, in predicato come vice di Orlando al ministero del Lavoro ma sul piede di guerra: «Non accetterò incarichi finchè il Pd non riunirà la direzione per discutere di parità e del metodo di scelta della squadra di governo». Sulla stessa linea molte altre dirigenti, da Giuditta Pini e Titti Di Salvo. La Direzione Pd, però, arriverà probabilmente a babbo morto.
Se la Atene dem piange, la Sparta grillina singhiozza senza freni dopo l'implosione con fuochi d'artificio di dissensi, accuse, insulti, voti contro Draghi, espulsioni e contestazione delle espulsioni. La prima vittima sacrificale è Vito Crimi, costretto a rinunciare all'agognata poltrona di vice-ministro alla Giustizia, cui aspirava disperatamente. Ma i suoi colleghi, dissidenti e non, gli sono saltati addosso accusandolo di lavorare solo per sè, mentre dovrebbe condurre le trattative per le poltrone di tutti. Sulla giustizia, terreno altamete minato, il Pd è sceso in campo per proteggere la delicata psiche grillina: avendo già lasciato sul terreno la salma del Guardasigilli, i Cinque Stelle non potrebbero reggere di perdere anche l'abolizione della prescrizione. Quindi si è cercata una mediazione che cancelli la riforma Bonafede ma senza dirlo, attraverso una delega al governo per modificarla. Resta da vedere se la ministra Cartabia terrà per sè la delicata questione o la delegherà a uno dei sottosegretari: sulla carta Valeria Valente per il Pd, Lucia Annibali per Iv, Sisto per Fi, e poi un grillino.


I Cinque Stelle sono su tutte le furie a causa della questione femminile nel Pd: «Per colpa loro va a finire che almeno il 50% dei posti verrà assegnato a donne», si dispera un sottosegretario uscente alla ricerca di riconferma. Del resto i grillini pagheranno già un alto (e imprevisto) prezzo alle molteplici e confuse scissioni di questi giorni: le loro poltrone scendono da 13 a 11, a vantaggio degli altri partiti.

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