Il Pd ferito va alla conta. Parte la scalata di Zingaretti

Il crollo, le liti e l'accelerazione verso il congresso. Si muove il governatore. Il giallo del tweet di Renzi

Il Pd ferito va alla conta. Parte la scalata di Zingaretti

Roma - Per una volta sono tutti d'accordo sulla débâcle netta e senza appello del Pd alle amministrative, anche se ognuno ha la sua idea di come rimettersi in piedi. Non solo gli avversari gongolano nel commentare l'ultima sconfitta, ma gli stessi dem discutono tra loro di come far risorgere dalle ceneri il partito, ridotto ormai a una presenza irrilevante sul territorio, schiacciato dall'avanzare del centrodestra e da una crisi d'identità che sembra irreversibile. Mai così in basso come ora che ha perso anche le sue roccaforti rosse, a partire da Siena, Pisa, Massa, Terni e per la prima volta Ivrea. Segno che le domande di cambiamento non sono state colte.

Un vero psicodramma per la sinistra soprattutto le sconfitte in alcune città toscane e in certe realtà dell'Emilia Romagna, dove storicamente era il Pd a governare. Il ribaltone non sarà senza conseguenze. Matteo Renzi sarà costretto ad accettare un'accelerazione dei tempi: il congresso ora è più vicino. Tocca a Carlo Calenda scuotere il partito. L'ex ministro rilancia il fronte repubblicano alla Macron. Dice basta alla navigazione a vista che sta portando la sinistra all'irrilevanza e avverte la necessità di «andare oltre il Pd». «Ripensare a tutto: linguaggio, idee, persone, organizzazione. Allargare e coinvolgere su un nuovo manifesto», twitta. Ma l'idea di fare tabula rasa e ricominciare non piace al reggente del Pd, Maurizio Martina, che ammette la sconfitta ed è consapevole della necessità di «cambiare e ricostruire con un umiltà e coraggio», «riscrivendo il progetto del partito dalle fondamenta» ma senza superarlo: «Bisogna organizzare, attrezzare il centrosinistra, il Pd, come un progetto nuovo, che non si inventa in tre mesi».

A luglio, forse il 7, ci sarà l'assemblea per confrontarsi sulla sconfitta e decidere il percorso da intraprendere, a cominciare dalla scelta del segretario con le primarie, anche se nella maggioranza c'è chi non esclude la possibilità di una conferma del reggente. Ma a emergere è la figura di Nicola Zingaretti che tenterà di prendersi il partito. Il governatore del Lazio mette un punto: «Si è chiuso un ciclo storico». La sua ora è l'unica candidatura alla segreteria.

In attesa del congresso parte il solito dibattito. Gianni Cuperlo è favorevole ad una soluzione radicale. «Che altro deve succedere - chiede - perché il Pd e la sinistra prendano atto che è tempo di rifondare tutto? Che riti, miti e ricette di ieri non servono a capire dove piegano sentimenti e bisogni di milioni di persone?». Per l'esponente dem «è tempo di chiedere scusa, ripensare ogni cosa e ripartire» aprendo «una stagione costituente per una vera alternativa». Per Andrea Orlando «serve una fase costituente» non solo la scelta di un segretario e per Roberto Giachetti bisogna «eleggere una nuova classe dirigente».

Renzi sta alla finestra, mentre scoppia un piccolo giallo su un tweet apocrifo in cui l'ex segretario commenta l'esito del voto e ringrazia Martina dicendo di sentire il dovere di «riprendere tra le mani il partito». Un fotomontaggio, taglia corto il suo portavoce. Anche se c'è il sospetto che possa essere stato diffuso dai renziani per sondare gli umori.

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