Sulla graticola dello stesso Pd oggi è finito Nicola Zingaretti, da cui ha preso le distanze per il tempismo con il quale ha parlato a Bologna di Ius Soli, l’attuale presidente della Regione Emilia Stefano Bonaccini.
Ma in realtà a rilanciare i temi riguardanti l’immigrazione e lo stesso Ius Soli sono stati diversi esponenti del partito. Per alcuni di loro, rimasti al momento in minoranza a giudicare dalla reazione di altri dem e degli alleati di governo del Movimento Cinque Stelle, era forse questo il momento per premere sull’acceleratore su tutto ciò che potrebbe, da qui ai prossimi mesi, soppiantare l’impostazione salviniana.
Forse spinti dalle manifestazioni contro il segretario leghista viste a Bologna, alcuni dirigenti del Pd hanno provato a cavalcare nuovamente le questione dei diritti e dello Ius Soli per mostrare vicinanza a quella piazza bolognese che, in prima battuta, ha sorpreso gli stessi dem.
Ed infatti proprio ieri Maurizio Martina, non proprio uno qualsiasi all’interno del partito, ha puntato sulla cancellazione della Bossi–Fini e dei decreti sicurezza. Lui, che è stato segretario del partito e ministro dell’agricoltura nel governo Renzi, era tra chi ha scommesso sull’azzardo su queste tematiche.
“Vanno superati i decreti sicurezza, che non sono decreti sicurezza ma insicurezza – ha tuonato Martina – Aboliamo la Bossi-Fini e i decreti Salvini e costruiamo una nuova, moderna legislazione per la cittadinanza con il coraggio di dire che la prima norma per rendere sicura l'Iitalia è regolarizzare quelle persone”.
Un attacco a tutto tondo, che ha tirato in ballo anche la legge Bossi – Fini, non nominata nemmeno dalla sinistra del Pd nelle ultime settimane. Per rimarcare ancora il concetto, Martina ha poi concluso: “È una battaglia culturale prima che politica, non solo una questione di accordi di governo ma identitaria per questo partito”.
Si è rivendicata dunque quella discontinuità da Salvini e dal centro – destra di cui si è parlato a fine agosto, in sede di consultazioni per la formazione del Conte II. Una discontinuità che aveva invocato anche la sinistra del Pd, con Orfini in primis, nei giorni scorsi quando tema principale in agenda era il rinnovo del memorandum con la Libia.
Sia in quell’occasione che nelle ultime ore, la spinta del Pd è andata netta verso questa direzione: superare le leggi volute da Salvini, smontare “pezzo dopo pezzo” i decreti sicurezza, come ha dichiarato nei giorni scorsi lo stesso Orfini. Dichiarazioni a cui ha fatto seguito la promesso di un vero e proprio piano a suon di emendamenti. Nelle prossime settimane infatti, potrebbero approdare in parlamento alcune proposte volte a snaturare od a cancellare del tutto i due decreti sicurezza voluti fortemente da Matteo Salvini durante i 14 mesi di governo gialloverde.
Se a questo si aggiunge che alla Camera è iniziato anche l'iter dello Ius Culturae, che è un modo più "soft" di chiamare lo Ius Soli nelle proposte presentate da Laura Boldrini, allora ben si capisce che quello del Pd non è solo un auspicio ma anche un preciso programma da attuare nei prossimi mesi. Sondaggi permettendo: il campanello d'allarme suonato oggi dal presidente della Regione Emilia, potrebbe non essere l'unico.
L'obiettivo dell'offesiva mediatica di queste ore, era forse volto a mettere il proprio cappello su quella piazza dove non sventolava alcuna bandiera del Pd. Ed invece, chi all’interno del partito vive i territori, ha fatto ben capire che al momento non ci sono i presupposti per parlare di Ius Soli ed immigrazione.
A riportare il Pd alla realtà, anche le stizzite reazioni del Movimento Cinque Stelle, che con in testa Luigi Di Maio ha già chiuso ad ogni possibilità di mettere in agenda adesso lo Ius Soli.
Dirigenti più attenti all’andazzo mediatico del momento che agli umori reali dell’elettorato hanno provato, senza riuscirci, a riportare le discussione sui decreti voluti da Salvini.Un azzardo già parzialmente fallito e che, è il timore di molti dirigenti locali del partito, potrebbe costare caro in termini elettorali nei prossimi mesi.
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