Il Pd vuole zittire Palamara: "Non parli con l'Antimafia"

Il capogruppo dem in Commissione Mirabelli si oppone all'audizione dell'ex numero uno. Csm: "È inopportuno"

Il Pd vuole zittire Palamara: "Non parli con l'Antimafia"

Cosa importa all'Antimafia se il pm antimafia più famoso d'Italia fu osteggiato dalle istituzioni? Se poteri forti si mossero per impedire che Nino Di Matteo scavasse sul «livello occulto», vero o presunto, delle stragi? Luca Palamara nel libro-intervista di Alessandro Sallusti lancia flash inquietanti sui retroscena di quelle vicende. Eppure il Partito democratico si oppone alla sua audizione da parte della Commissione parlamentare antimafia, decisa l'altro ieri dal presidente grillino Nicola Morra. Quelli sollevati da Palamara per il Pd sono «temi che sulla lotta alla mafia c'entrano relativamente. Anzi, non c'entrano per nulla».

A parlare è Franco Mirabelli, vicepresidente del Senato e capogruppo dem in commissione Antimafia. L'audizione dell'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati secondo Mirabelli è «inopportuna», e pertanto il Pd chiederà di ripensarci nel corso della prossima riunione del Comitato di presidenza. Ma Morra fa già sapere che andrà avanti per la sua strada. Convocare Palamara è doveroso, dice, perché i fatti che racconta «rappresentano un quadro desolante nell'azione di contrasto alle mafie da parte della magistratura italiana».

Nel libro Il Sistema, Palamara racconta di come avvenne la revoca di tutti gli incarichi a Di Matteo da parte del procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho, dopo una intervista televisiva del sostituto. Palamara (che pure non nasconde di non amare Di Matteo) spiega che de Raho, «che di suo non è un cuor di leone», non fu il vero autore di quella estromissione. Lo stesso vale per il ripensamento successivo, quando de Raho rimette in sella Di Matteo: «Escludo che si tratti di farina del suo sacco». Palamara non indica il mandante, anche se ricorda l'irritazione di Napolitano per le indagini del pool di Di Matteo. In ogni caso è chiaro che se davvero scelte così delicate sono state eterodirette la cosa è clamorosa.

Il Sistema

Non secondo il Pd, però. E il senatore Mirabelli spiega bene quale sarebbe il rischio della convocazione di Palamara all'Antimafia: «Non capisco bene perché dobbiamo offrire una sede istituzionale a una persona che comunque ha subito provvedimenti disciplinari», dice l'esponente dem. Il problema, si intuisce, è evitare di fare da cassa di risonanza alle accuse di un reprobo. Ma anche su questo Morra ha una risposta: il rischio che Palamara strumentalizzi la commissione parlamentare c'è, «ma noi questo rischio lo dobbiamo correre». Perché la necessità primaria è capire se quello che racconta il libro è vero.

La palla adesso passa ai componenti di centrodestra dell'Antimafia, che però da mesi non partecipano più ai lavori della commissione: è la protesta contro il presidente Morra e le sue battute disdicevoli sul defunto governatore della Calabria, Jole Santelli. Un Aventino che potrebbe rientrare una volta risolta la crisi di governo, e a quel punto è facile ipotizzare che la convocazione di Palamara sia condivisa dall'attuale blocco di opposizione. Che il fosco quadro dipinto dall'ex pm non sia frutto di fantasia, lo ammette ieri d'altronde anche Area, la corrente di sinistra della magistratura.

Al termine di un comunicato assai duro verso Palamara, che viene tacciato di «gravissima disinvoltura», di omissioni faziose e di voler «lucrare un ricollocamento in politica», Area poi ammette che «la caduta etica del Csm, piagato dalle correnti e dai potentati personali», non l'ha inventato Palamara. Era ora.

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